I VOLTI DEI PRIMI FILM HORROR DI PUPI AVATI.
Mentre stavo lavorando ai seguiti dei miei dossier ancora in corso (non preoccupatevi arrivano presto le nuove parti sul "Caso Yog'tze" e "Le Streghe di Milano") mi sono reso conto che Nocturnia si sta avvicinando a raggiungere il Milione di visualizzazioni dalla sua nascita ad oggi, anzi probabilmente quando leggerete queste righe potremmo aver già superato questo simbolico traguardo.
Mi rendo conto che non si tratta davvero di un milione di persone passate in questi nove anni di blogging ma degli stessi lettori che spesso e volentieri tornano a leggere i miei deliri, ma la cifra mi fa lo stesso tremare i polsi e mi rende felice.
Per un piccolo blog che racconta argomenti di nicchia questo è un traguardo importante, grazie a tutti.
Ne approfitto per realizzare un piccolo post, su un argomento per me riposante.
Alcune settimane fa diverse reti nazionali, compreso il neonato canale Cine34 hanno voluto omaggiare il grande regista Pupi Avati trasmettendendo molti dei suoi film, compresi diversi dei suoi lavori delle origini che da decimillenni non venivano più replicati e non trovavano più spazio nei palinsesti delle reti nostrane. Molti appassionati, specialmente quelli che conoscevano solo i lavori più recenti del cineasta bolognese hanno scoperto un lato, per loro, inedito di Avati. Sto parlando della sua fase horror, quando per lui venne praticamente coniato il termine di "Gotico Padano".
Si trattava di film a volte tipicamente perturbanti a volte semplicemente grotteschi che tratteggiavano una immagine molto diversa da quella solita dell'Emila-Romagna godereccia e disinibita che conosciamo tutti ma che spesso finisce per diventare un mero stereotipo. Quella dei film di Avati era una realtà di leggende e superstizioni contadine, di paure secolari, di villaggi isolati rinchiusi su sè stessie difficilmente raggiungibili, di indicibili orrori nati tra i canali e gli acquitrini del ferrarese, di pittori maledetti che ritraggono vere agonie, di nebbie autunnali e di estati malate, di deviazioni umane partorite all'interno di un humus sociale e territoriale umido ed afoso.
Ma anche di atmosfere appicicaticcie e disperate.
Però anche dei volti di tanti attori ricorrenti, se Gianni Cavina e una manciati d'altri nomi hanno sempre accompagnato le fatiche cinematografiche di Avati, al punto che lo stesso Cavina è diventato uno degli attori "feticcio" del regista altri per motivi diversi sono apparsi solo in questa sua fase iniziale.
Eccone alcuni.
BOB TONELLI. (1929- 1986)
In realtà si chiamava Ariano Nanetti (e qui già m'immagino la faccia sorpresa di un famoso blogger nostrano, indovinate voi di chi si tratta) e non era nemmeno un vero attore. Tonelli infatti era un giovane imprenditore di Bologna (nello specifico era il titolare di una agenzia immobiliare) che faceva parte della cerchia celle conoscenze di Avati. Ariano Nanetti (nomen omen) pur non soffrendo di nanismo era basso, bassissimo di statura, inoltre era malato di zoppia, per questo finì spesso per interpretare ruoli da nano viscido e doppiogiochista. Nonostante i suoi problemi fisici era dotato di un carattere forte e di uno spirito ancora più coriaceo, i suoi amici raccontavano che grazie alla sua simpatia aveva molto successo sia negli affari che in amore.
Fu proprio grazie a queste caratteristiche che la sua attività nel cinema ebbe inizio.
A fine anni '60 s infatti fece ottenere ad Avati, tramite un suo amico che rimase anonimo a lungo, i finanziamenti necessari per realizzare il suo primo film: Balsamus, l'Uomo di Satana.
Di Balsamus che raccontava la vicenda di una setta religiosa messa su da un ciarlatano imbroglione, il buon Tonelli fu anche il protagonista.
Due anni dopo Tonelli apparve in un ruolo decisamente autobiografico anche nel successivo Thomas e gli Indemoniati, stavolta più legato a tematiche fantastiche ed orrorifiche rispetto al precedente, interpretazione che fece vincere anche alcuni premi all'affarista bolognese prestato al cinema.
Prima di continuare un dettaglio: Balsamus riuscì ad ottenere i permessi di censura solo nel 1970 e quindi venne proiettato nelle sale, perlomeno in quelle poche che trovò, quasi a ridosso di Thomasper questo a volte le cronologie in rete possono finire per non concordare con date ed ordini di uscita delle due pellicole.
Tonelli ed Avati continuarono a lavorare assieme fino al 1984, per quanto riguarda i generi preferiti qui su Nocturnia basterà ricordare nell'ordine: La Casa delle Finestre che Ridono (1976) una delle pellicole più disturbanti e malate di tutti i tempi nel quale Tonelli riveste il ruolo del sindaco del paese nel quale si svolge la vicenda; il successivo Tutti Defunti...tranne i Morti ( 1977) un bizzarro ed imperfetto tentativo di coniugare grottesco umorismo e goticheggiante orrore, nel quale Tonelli interpreta il personaggio di Ariano, un componente di un antica ma decaduta famiglia nobiliare, e per finire il terrificante Zeder (1983) tratto da un soggetto dei fratelli Avati e del giornalista Maurizio Costanzo, crudele fiaba nera su alcuni terreni chiamati "terreni K" che consentirebbero la resurrezione dei morti, peccato che non sia consigliabile avere a che fare con i revenants in questione e col loro mistero.
Bob Tonelli è morto per un infarto ad appena 57 anni, il giorno dopo il suo compleanno.
Quella manciata di interpretazioni sono il suo testamento più importante .
FRANCESCA MARCIANO (1956 )
L'artista romana ha collaborato con Pupi Avati solo in due occasioni, nei già ricordati La Casa delle Finestre che Ridono e nel successivo Tutti Defunti...tranne i Morti.
Nel primo la Marciano recita il ruolo della giovane insegnante Francesca l'interesse amoroso del protagonista interpretato da LinoCapolicchio. Ad Avati serviva un volto pulito, un simbolo di innocenza che facesse da contraltare al clima malsano del piccolo paese della provincia ferrarese avvelenato dal ricordo delle stragi perpretate dal pittore maledetto Buono Legnani e dalle sue sorelle e la recitazione stralunata e la sensualità volutamente inconsapevole della Marciano faceva al caso suo.
Il cineasta emiliano richiamò l'attrice l'anno successivo.
Stavolta però Avati forse temendo di finire associato ad un solo genere in quel dato periodo, cercò di dare al suo nuovo film un tono più scanzonato, quasi una sorta di parodia. L'incontro tra commedia e brivido però non funziona completamente. Tutti Defunti...è una pellicola imperfetta, disequilibrata perfino. La comicità risulta in molti passi completamente forzata, di contro i pochi momenti totalmente horror funzionano meglio. Tuttavia scene come quella iniziale con l'ignota figura incappucciata che recita la maledizione legata al nome dell'antica famiglia decaduta rimane molto convincente.
Bisogna dire per completezza che la sceneggiatura del film venne scritta sul momento mano a mano che le riprese andavano avanti e che gli autori, Avati in primis, fecero a gara tra loro, per trovare le idee più assurde, demenziali; surreali ed allucinate possibili.
In seguito Francesca Marciano ha cominciato una proficua carriera di autrice e sceneggiatrice.
Carriera che prosegue ancora oggi.
Più volte ho ripetuto come tutti registi finiscano per richiamare più volte gli stessi attori ed attrici, per i più vari motivi: compresi rapporti amicali e fiduciari. Nel caso di Pupi Avati questo è più vero di tanti altri, ricordiamoci che Avati è il regista che ha rivelato il talento drammatico di DiegoAbatantuono e oltretutto lo ha fatto in un momento in cui nessuno credeva più nelle capacità dell'attore milanese. Nel corso dei decenni il cineasta si è circondato da una ricca corte di artisti uno più talentuoso dell'altro, alcuni tra loro sono diventati famosi grazie ai lavori avatiani, altri lo erano già. Come detto all'inizio, diversi di loro hanno accompagnato la filmografia dell'artista emiliano dagli albori ad oggi, ho fatto l'esempio di Gianni Cavina, ma potrei citarne altri come GiulioPizzirani e Lino Capolicchio. Inoltre Avati ha dato ottime prove in diversi generi ma finisce sempre per tornare all'horror come dimostra il recente Il Signor Diavolo, che purtroppo non ha riscosso tutto il successo che avrebbe meritato.
In fondo il primo amore non si scorda mai.

Mi rendo conto che non si tratta davvero di un milione di persone passate in questi nove anni di blogging ma degli stessi lettori che spesso e volentieri tornano a leggere i miei deliri, ma la cifra mi fa lo stesso tremare i polsi e mi rende felice.
Per un piccolo blog che racconta argomenti di nicchia questo è un traguardo importante, grazie a tutti.
Ne approfitto per realizzare un piccolo post, su un argomento per me riposante.
Alcune settimane fa diverse reti nazionali, compreso il neonato canale Cine34 hanno voluto omaggiare il grande regista Pupi Avati trasmettendendo molti dei suoi film, compresi diversi dei suoi lavori delle origini che da decimillenni non venivano più replicati e non trovavano più spazio nei palinsesti delle reti nostrane. Molti appassionati, specialmente quelli che conoscevano solo i lavori più recenti del cineasta bolognese hanno scoperto un lato, per loro, inedito di Avati. Sto parlando della sua fase horror, quando per lui venne praticamente coniato il termine di "Gotico Padano".
Si trattava di film a volte tipicamente perturbanti a volte semplicemente grotteschi che tratteggiavano una immagine molto diversa da quella solita dell'Emila-Romagna godereccia e disinibita che conosciamo tutti ma che spesso finisce per diventare un mero stereotipo. Quella dei film di Avati era una realtà di leggende e superstizioni contadine, di paure secolari, di villaggi isolati rinchiusi su sè stessie difficilmente raggiungibili, di indicibili orrori nati tra i canali e gli acquitrini del ferrarese, di pittori maledetti che ritraggono vere agonie, di nebbie autunnali e di estati malate, di deviazioni umane partorite all'interno di un humus sociale e territoriale umido ed afoso.
Ma anche di atmosfere appicicaticcie e disperate.
Però anche dei volti di tanti attori ricorrenti, se Gianni Cavina e una manciati d'altri nomi hanno sempre accompagnato le fatiche cinematografiche di Avati, al punto che lo stesso Cavina è diventato uno degli attori "feticcio" del regista altri per motivi diversi sono apparsi solo in questa sua fase iniziale.
Eccone alcuni.
BOB TONELLI. (1929- 1986)

Fu proprio grazie a queste caratteristiche che la sua attività nel cinema ebbe inizio.
A fine anni '60 s infatti fece ottenere ad Avati, tramite un suo amico che rimase anonimo a lungo, i finanziamenti necessari per realizzare il suo primo film: Balsamus, l'Uomo di Satana.
Di Balsamus che raccontava la vicenda di una setta religiosa messa su da un ciarlatano imbroglione, il buon Tonelli fu anche il protagonista.
Due anni dopo Tonelli apparve in un ruolo decisamente autobiografico anche nel successivo Thomas e gli Indemoniati, stavolta più legato a tematiche fantastiche ed orrorifiche rispetto al precedente, interpretazione che fece vincere anche alcuni premi all'affarista bolognese prestato al cinema.

Tonelli ed Avati continuarono a lavorare assieme fino al 1984, per quanto riguarda i generi preferiti qui su Nocturnia basterà ricordare nell'ordine: La Casa delle Finestre che Ridono (1976) una delle pellicole più disturbanti e malate di tutti i tempi nel quale Tonelli riveste il ruolo del sindaco del paese nel quale si svolge la vicenda; il successivo Tutti Defunti...tranne i Morti ( 1977) un bizzarro ed imperfetto tentativo di coniugare grottesco umorismo e goticheggiante orrore, nel quale Tonelli interpreta il personaggio di Ariano, un componente di un antica ma decaduta famiglia nobiliare, e per finire il terrificante Zeder (1983) tratto da un soggetto dei fratelli Avati e del giornalista Maurizio Costanzo, crudele fiaba nera su alcuni terreni chiamati "terreni K" che consentirebbero la resurrezione dei morti, peccato che non sia consigliabile avere a che fare con i revenants in questione e col loro mistero.
Bob Tonelli è morto per un infarto ad appena 57 anni, il giorno dopo il suo compleanno.
Quella manciata di interpretazioni sono il suo testamento più importante .
FRANCESCA MARCIANO (1956 )

Nel primo la Marciano recita il ruolo della giovane insegnante Francesca l'interesse amoroso del protagonista interpretato da LinoCapolicchio. Ad Avati serviva un volto pulito, un simbolo di innocenza che facesse da contraltare al clima malsano del piccolo paese della provincia ferrarese avvelenato dal ricordo delle stragi perpretate dal pittore maledetto Buono Legnani e dalle sue sorelle e la recitazione stralunata e la sensualità volutamente inconsapevole della Marciano faceva al caso suo.
Il cineasta emiliano richiamò l'attrice l'anno successivo.
Stavolta però Avati forse temendo di finire associato ad un solo genere in quel dato periodo, cercò di dare al suo nuovo film un tono più scanzonato, quasi una sorta di parodia. L'incontro tra commedia e brivido però non funziona completamente. Tutti Defunti...è una pellicola imperfetta, disequilibrata perfino. La comicità risulta in molti passi completamente forzata, di contro i pochi momenti totalmente horror funzionano meglio. Tuttavia scene come quella iniziale con l'ignota figura incappucciata che recita la maledizione legata al nome dell'antica famiglia decaduta rimane molto convincente.
Bisogna dire per completezza che la sceneggiatura del film venne scritta sul momento mano a mano che le riprese andavano avanti e che gli autori, Avati in primis, fecero a gara tra loro, per trovare le idee più assurde, demenziali; surreali ed allucinate possibili.

Carriera che prosegue ancora oggi.
Più volte ho ripetuto come tutti registi finiscano per richiamare più volte gli stessi attori ed attrici, per i più vari motivi: compresi rapporti amicali e fiduciari. Nel caso di Pupi Avati questo è più vero di tanti altri, ricordiamoci che Avati è il regista che ha rivelato il talento drammatico di DiegoAbatantuono e oltretutto lo ha fatto in un momento in cui nessuno credeva più nelle capacità dell'attore milanese. Nel corso dei decenni il cineasta si è circondato da una ricca corte di artisti uno più talentuoso dell'altro, alcuni tra loro sono diventati famosi grazie ai lavori avatiani, altri lo erano già. Come detto all'inizio, diversi di loro hanno accompagnato la filmografia dell'artista emiliano dagli albori ad oggi, ho fatto l'esempio di Gianni Cavina, ma potrei citarne altri come GiulioPizzirani e Lino Capolicchio. Inoltre Avati ha dato ottime prove in diversi generi ma finisce sempre per tornare all'horror come dimostra il recente Il Signor Diavolo, che purtroppo non ha riscosso tutto il successo che avrebbe meritato.
In fondo il primo amore non si scorda mai.