Questo post fa parte di una ideale trilogia dedicata alla serie Star Trek Discovery (gli altri due post li potrete trovare QUI e QUI).
Si prova una strana sensazione di straniamento nel guardare la prima stagione di Discovery: come scrivevo nel primo post di questa ideale trilogia, S.T Discovery, almeno nella sua prima stagione è' Star Trek ma al tempo stesso è come se non lo fosse!
Pur essendo un chiaro seguito di Enterprise ed un prequel della serie classica non sembra corrispondere alle idee che ci siamo fatti finora dell'Universo creato dalla fantasia del grande Gene Roddemberry, tanto per cominciare ci sono ancora i Klingon, sono ancora i grandi nemici storici della Federazione ma subiscono l'ennesimo restyling sia nell'aspetto fisico che nella loro cultura. La Federazione stessa ci appare irriconoscibile, distantissima da quegli stessi valori che avevano fatto la sua fortuna presso il grande pubblico presa com'è dal conflitto contro i suoi nemici interni ed esterni.
Cosa questa amplificata all'ennesima potenza dall'insaziabile comportamento guerrafondaio di un personaggio come quello del comandante della USS Discovery, il capitano Gabriel Lorca (il brillante attore e doppiatore britannico Jason Isaacs).
Questo almeno nei primi episodi
Parte di questo straniamento è facilmente spiegabile con la costante evoluzione avvenuta nel settore degli effetti speciali e con l'aumento dei budget televisivi: essendo la serie classica (quella con Kirk, per intenderi) nata negli anni'60 s del secolo scorso, non è sicuramente facile per un creativo dei giorni nostri realizzare e portare sullo schermo delle apparecchiature e strumentazioni tecnologiche di una qualsiasi serie prequel come questa, tutte cose che apparentemente dovrebbero sembrare più arretrate per ovvi motivi temporali rispetto alla serie madre, ma che chiaramente-anche senza volerlo!- si dimostrano molto più avanzate tecnologicamente.
Se ci ricordiamo una problematica del genere si era verificata, sia pure in versione minore, con la precedente Star Trek: Enterprise.
Ci troviamo quindi di fronte ad una sorta diBrave New "Trek" Worldche se da un lato appare perfettamente giustificato per adattare il concept ai tempi moderni e ai mutati gusti del pubblico dall'altro può rischiare di lasciare perplessi alcuni dei vecchi fans a causa di diversi particolari decisamente distonici o che comunque sappiamo totalmente assenti nelle serie come Voyager o Deep Space Nine ambientate nel futuro di questo universo narrativo.
Un esempio per tutti: la presenza del Motore a Spore sulla USS Discovery
Molte cose verranno comunque spiegate logicamente verso la fine della prima stagione (in tutto 15 episodi), questo bisogna chiarirlo subito, così come buona parte dei particolari verranno ricondotti nei binari di una parziale ortodossia.
Anche così però il senso di distoglimento permane.
Non che questo sia necessariamente un male, nonostante la validità e la universalità delle intuizioni roddemberriane, il franchise aveva chiaramente bisogno di una iniezione di sangue fresco.
Bisogna ancora capire quanto di questo sangue fresco sia utilizzato per la trasfusione di un gruppo compatibile oppure no.
Un'altra rottura rispetto al passato sta nella scelta del protagonista unico.
Laddove la maggior parte delle serie ad ambientazione trekkiana sceglievano la via della pluralità, della coralità dei personaggi stavolta tutto sta sulle spalle di un unico personaggio assunto quasi al rango di mattatore unico con tutti gli altri relegati, al massimo, al ruolo di comprimari (quando va bene). Se non proprio ridotti nella mera funzione di coro greco, semplici osservatori degli eventi causati e vissuti dall' eroe (anzi dall'eroina onniscente ) quando va male.
L' attrice scelta nel ruolo della protagonista Michael Burnham ( l'afro-americana Sonequa Martin-Green, già vista in The Walking Dead), fa indubbiamente un buon lavoro e fornisce la prova di una recitazione molto riuscita, il problema semmai è un altro.
Anzi altri due.
Michael Burnham viene introdotta come la figlia adottiva dell'ambasciatore vulcaniano Sarek (un buon James Frain ), sorellastra dell'ormai mitologico Spock e (in base a quello che si intende sin dall'inizio ) in buona parte corresponsabile della futura piena integrazione del fratello sia all' interno della cultura umana sia di quella vulcaniana.
Pur essendo chiaramente il Deus ex Machina di tutti gli eventi di S.T. Discovery la Burnham è un personaggio decisamente problematico pieno di sensi di colpa:sensi di colpa per essere stata in una certa misura responsabile della morte dei suoi veri genitori umani, responsabile per Spock, colpevole poi anche degli eventi che, all'inizio della prima stagione causeranno la guerra tra Federazione ed Impero Klingon
Insomma tanto, forse anche troppo sulle spalle di un unico personaggio, cosa che se può andare bene per una o due stagioni nel lungo periodo potrebbe finire per stancare, risultare troppo pesante o comunque diventare troppo stucchevole.
Questa è la prima obiezione che si potrebbe fare.
La seconda più che una obiezione è una mera curiosità del sottoscritto: se Michael Burnhamè una figura così fondamentale nello sviluppo del mondo della cronologia trekkiana come faranno poi creatori e sceneggiatori a risolvere e a giustificare il fatto che nel futuro non solo il personaggio non comparirà più ma anche il non indifferente particolare che nè Spock nè Sarek (che come sappiamo risultano fondamentali anche negli eventi e nella cronologia di Star Trek Next Generation tanto per dirne una) ma nemmeno nessun altro nominerà più il suo nome?
Da appassionato non solo di Star Trek ma della fantascienza televisiva nel suo genere sono sinceramente ed entusiasticamente curioso di assistere agli sviluppi futuri e a come saranno gestiti.
Ovviamente non mancano gli elementi di continuità rispettto al passato, in un episodio vengono citati nomi conosciutissimi dagli appassionati della serie, come i capitani Robert April o Christopher Pike, in un altra occasione vengono citate le missioni del Comandante Jonathan Archer e della sua Enterprise NX-01 avvenute ben cento anni prima, ma più che altro queste citazioni appaiono quasi alla stregua di molliche di pane lasciate per attirare i fans di lunga data.
Non manca nemmeno il tradizionale "sguardo alieno" all'interno dello show, dopo la lunga secquela di personaggi vulcaniani, tra i quali lo stesso Spock, personaggi Trill, Denobulani o androidi come Data adesso è il turno di Saru (l'ennesimo personaggio sotto pesante make up interpretato nel corso della sua carriera dal bravissimo Doug Jones), esponente ribelle della razza dei Kelpien, una specie talmente vittima della paura da aver accettato il proprio destino di bestiame di un'altra razza ancora più evoluta. Saru è un buon personaggio, decisamente riuscito e suscettibile di ulteriori evoluzioni .
Così come lo sono molti tra i personaggi di contorno, a proposito di questi c'è da dire che Discovery compie un altro passo nella difesa dei diritti civili presentando i primi due personaggi dichiaratamente gay di tutta la storia di Star Trek, una innovazione importante che oltretutto si dimostra fedele alla tradizione dello show visto che già la serie classica negli anni 60 s aveva fatto la stessa cosa più e più volte parlando di parità tra le persone e dando visibilità a personaggi afro-americani ed orientali nel momento in cui quasi nessun altro lo faceva. Oppure inserendo un personaggio russo come Pavel Chekov nel periodo nel quale i russi, anzi i sovietici erano visti e vissuti come i Nemici Numero 1 della grande nazione americana.
Ora volendo tracciare un bilancio si può dire che per tutta la prima stagione possiamo dire che la serie gioca su più binari, da un lato assistiamo al conflito tra la Federazione ed i Klingon, dall'altro episodio dopo episodio viviamo quasi un romanzo di formazione accanto a Michael Burnham e ai suoi tentativi di redenzione (oltre che ai suoi sforzi per farsi accettare dai compagni di viaggio). Pian piano però verso le puntate conclusive lo show sembra voler cercare un'altra strada, qualcosa che possa accontentare più o meno sia i nuovi spettatori sia i trekkie di vecchia data
Un equilibrio difficile che non sempre funziona.
Malgrado questo e nonostante alcune incoerenze, i 15 episodi della prima stagione presentano diversi momenti riusciti e si dimostrano una visione godibile, l'intera stagione anzi è da considerare quasi come un primo capitolo di un nuovo lunghissimo romanzo, un antefatto nei confronti di una seconda stagione decisamente più legata alla continuity ufficiale che già conosciamo, come dimostra l'intervento sul finale di una certa astronave chiamata Enterprise.
Da molto tempo mancavano sul piccolo schermo produzioni seriali ambientate nello Spazio, l'arrivo di serial (sia pure differentissimi tra loro) quali The Expanse; Star Trek Discovery e la semi-parodistica The Orville, fanno ben sperare per il futuro.
Si prova una strana sensazione di straniamento nel guardare la prima stagione di Discovery: come scrivevo nel primo post di questa ideale trilogia, S.T Discovery, almeno nella sua prima stagione è' Star Trek ma al tempo stesso è come se non lo fosse!
Pur essendo un chiaro seguito di Enterprise ed un prequel della serie classica non sembra corrispondere alle idee che ci siamo fatti finora dell'Universo creato dalla fantasia del grande Gene Roddemberry, tanto per cominciare ci sono ancora i Klingon, sono ancora i grandi nemici storici della Federazione ma subiscono l'ennesimo restyling sia nell'aspetto fisico che nella loro cultura. La Federazione stessa ci appare irriconoscibile, distantissima da quegli stessi valori che avevano fatto la sua fortuna presso il grande pubblico presa com'è dal conflitto contro i suoi nemici interni ed esterni.
Cosa questa amplificata all'ennesima potenza dall'insaziabile comportamento guerrafondaio di un personaggio come quello del comandante della USS Discovery, il capitano Gabriel Lorca (il brillante attore e doppiatore britannico Jason Isaacs).
Questo almeno nei primi episodi
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Michael Burnham. |
Parte di questo straniamento è facilmente spiegabile con la costante evoluzione avvenuta nel settore degli effetti speciali e con l'aumento dei budget televisivi: essendo la serie classica (quella con Kirk, per intenderi) nata negli anni'60 s del secolo scorso, non è sicuramente facile per un creativo dei giorni nostri realizzare e portare sullo schermo delle apparecchiature e strumentazioni tecnologiche di una qualsiasi serie prequel come questa, tutte cose che apparentemente dovrebbero sembrare più arretrate per ovvi motivi temporali rispetto alla serie madre, ma che chiaramente-anche senza volerlo!- si dimostrano molto più avanzate tecnologicamente.
Se ci ricordiamo una problematica del genere si era verificata, sia pure in versione minore, con la precedente Star Trek: Enterprise.
Ci troviamo quindi di fronte ad una sorta diBrave New "Trek" Worldche se da un lato appare perfettamente giustificato per adattare il concept ai tempi moderni e ai mutati gusti del pubblico dall'altro può rischiare di lasciare perplessi alcuni dei vecchi fans a causa di diversi particolari decisamente distonici o che comunque sappiamo totalmente assenti nelle serie come Voyager o Deep Space Nine ambientate nel futuro di questo universo narrativo.
Un esempio per tutti: la presenza del Motore a Spore sulla USS Discovery
Molte cose verranno comunque spiegate logicamente verso la fine della prima stagione (in tutto 15 episodi), questo bisogna chiarirlo subito, così come buona parte dei particolari verranno ricondotti nei binari di una parziale ortodossia.
Anche così però il senso di distoglimento permane.
Non che questo sia necessariamente un male, nonostante la validità e la universalità delle intuizioni roddemberriane, il franchise aveva chiaramente bisogno di una iniezione di sangue fresco.
Bisogna ancora capire quanto di questo sangue fresco sia utilizzato per la trasfusione di un gruppo compatibile oppure no.
Un'altra rottura rispetto al passato sta nella scelta del protagonista unico.
Laddove la maggior parte delle serie ad ambientazione trekkiana sceglievano la via della pluralità, della coralità dei personaggi stavolta tutto sta sulle spalle di un unico personaggio assunto quasi al rango di mattatore unico con tutti gli altri relegati, al massimo, al ruolo di comprimari (quando va bene). Se non proprio ridotti nella mera funzione di coro greco, semplici osservatori degli eventi causati e vissuti dall' eroe (anzi dall'eroina onniscente ) quando va male.
L' attrice scelta nel ruolo della protagonista Michael Burnham ( l'afro-americana Sonequa Martin-Green, già vista in The Walking Dead), fa indubbiamente un buon lavoro e fornisce la prova di una recitazione molto riuscita, il problema semmai è un altro.
Anzi altri due.
Michael Burnham viene introdotta come la figlia adottiva dell'ambasciatore vulcaniano Sarek (un buon James Frain ), sorellastra dell'ormai mitologico Spock e (in base a quello che si intende sin dall'inizio ) in buona parte corresponsabile della futura piena integrazione del fratello sia all' interno della cultura umana sia di quella vulcaniana.
Pur essendo chiaramente il Deus ex Machina di tutti gli eventi di S.T. Discovery la Burnham è un personaggio decisamente problematico pieno di sensi di colpa:sensi di colpa per essere stata in una certa misura responsabile della morte dei suoi veri genitori umani, responsabile per Spock, colpevole poi anche degli eventi che, all'inizio della prima stagione causeranno la guerra tra Federazione ed Impero Klingon
Insomma tanto, forse anche troppo sulle spalle di un unico personaggio, cosa che se può andare bene per una o due stagioni nel lungo periodo potrebbe finire per stancare, risultare troppo pesante o comunque diventare troppo stucchevole.
Questa è la prima obiezione che si potrebbe fare.
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L'astronave USS Discovery 1031. |
Da appassionato non solo di Star Trek ma della fantascienza televisiva nel suo genere sono sinceramente ed entusiasticamente curioso di assistere agli sviluppi futuri e a come saranno gestiti.
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Lorca. |
Ovviamente non mancano gli elementi di continuità rispettto al passato, in un episodio vengono citati nomi conosciutissimi dagli appassionati della serie, come i capitani Robert April o Christopher Pike, in un altra occasione vengono citate le missioni del Comandante Jonathan Archer e della sua Enterprise NX-01 avvenute ben cento anni prima, ma più che altro queste citazioni appaiono quasi alla stregua di molliche di pane lasciate per attirare i fans di lunga data.
Non manca nemmeno il tradizionale "sguardo alieno" all'interno dello show, dopo la lunga secquela di personaggi vulcaniani, tra i quali lo stesso Spock, personaggi Trill, Denobulani o androidi come Data adesso è il turno di Saru (l'ennesimo personaggio sotto pesante make up interpretato nel corso della sua carriera dal bravissimo Doug Jones), esponente ribelle della razza dei Kelpien, una specie talmente vittima della paura da aver accettato il proprio destino di bestiame di un'altra razza ancora più evoluta. Saru è un buon personaggio, decisamente riuscito e suscettibile di ulteriori evoluzioni .
Così come lo sono molti tra i personaggi di contorno, a proposito di questi c'è da dire che Discovery compie un altro passo nella difesa dei diritti civili presentando i primi due personaggi dichiaratamente gay di tutta la storia di Star Trek, una innovazione importante che oltretutto si dimostra fedele alla tradizione dello show visto che già la serie classica negli anni 60 s aveva fatto la stessa cosa più e più volte parlando di parità tra le persone e dando visibilità a personaggi afro-americani ed orientali nel momento in cui quasi nessun altro lo faceva. Oppure inserendo un personaggio russo come Pavel Chekov nel periodo nel quale i russi, anzi i sovietici erano visti e vissuti come i Nemici Numero 1 della grande nazione americana.
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Saru. |
Ora volendo tracciare un bilancio si può dire che per tutta la prima stagione possiamo dire che la serie gioca su più binari, da un lato assistiamo al conflito tra la Federazione ed i Klingon, dall'altro episodio dopo episodio viviamo quasi un romanzo di formazione accanto a Michael Burnham e ai suoi tentativi di redenzione (oltre che ai suoi sforzi per farsi accettare dai compagni di viaggio). Pian piano però verso le puntate conclusive lo show sembra voler cercare un'altra strada, qualcosa che possa accontentare più o meno sia i nuovi spettatori sia i trekkie di vecchia data
Un equilibrio difficile che non sempre funziona.
Malgrado questo e nonostante alcune incoerenze, i 15 episodi della prima stagione presentano diversi momenti riusciti e si dimostrano una visione godibile, l'intera stagione anzi è da considerare quasi come un primo capitolo di un nuovo lunghissimo romanzo, un antefatto nei confronti di una seconda stagione decisamente più legata alla continuity ufficiale che già conosciamo, come dimostra l'intervento sul finale di una certa astronave chiamata Enterprise.
Da molto tempo mancavano sul piccolo schermo produzioni seriali ambientate nello Spazio, l'arrivo di serial (sia pure differentissimi tra loro) quali The Expanse; Star Trek Discovery e la semi-parodistica The Orville, fanno ben sperare per il futuro.