Virginia ha una premonizione, mentre si trova in un college a Firenze subisce la chiara visione del cruento suicidio della madre a Dover in Inghilterra.
Anni dopo Virginia è diventata una splendida ed affascinante donna del jet set toscano: si è sposata con l'imprenditore Fabrizio Ducci e fa di tutto per dimenticare il suo passato.
Un giorno però le visioni tornano in maniera prepotente.
Mentre il marito è in procinto di partire per un viaggio d'affari a Londra, la mente di Virginia è bombardata dalle immagini di un misterioso uomo zoppo che prima uccide una giovane donna per poi murarne il corpo ancora caldo.
Ma quando racconta quello che ha visto nessuno sembra volerle credere, né il marito né la di lui sorella. Perfino il suo amico Luca Fattori grande appassionato di paranormale pare convinto dalle visioni della donna. Ma proprio quando Virginia comincia a tranquillizzarsi finisce per compiere un'altra macabra scoperta: una camera all'interno della casa di Campagna dei Ducci si rivela uguale in tutto e per tutto a quella della premonizione di Virginia.
Ad una prima indagine tutto apparirebbe collegarsi alla sparizione di una ragazza avvenuta anni prima, ma che sia davvero così?
Virginia comincia a sospettare di tutti, perfino del tanto amato marito.
L'incubo però è appena cominciato.
E le cose non sono mai quelle che sembrano......
Doveva essere un thriller ed ha finito per diventare uno degli esempi migliori anche del Cinema horror all'italiana.
Sette Note in Nero rappresenta anche uno dei punti più alti della cinematografia di Lucio Fulci (1927- 1996) , un regista dotato di una personalità forte, a volte contraddittoria, che spesso aveva rapporti conflittuali con molti degli attori ( ma specialmente con molte della attrici) che impiegava sul set ma che ci ha lasciato veri e propri capolavori
Vari sono stati gli appellativi con cui è stato definito, tra i quali troviamo: il poeta del macabro, o il padrino del gore ma forse quello che definirebbe meglio di tutti i regista ed il suo stile è la definizione di terrorista dei generi
Per un motivo molto semplice.
Sia che girasse una commedia o un giallo o uno degli horror o dei post-atomici realizzati nei suoi ultimi anni di vita, il regista romano era famoso per la sua capacità di andare oltre i recinti e gli steccati dei generi, per il suo modo di "personalizzare" quegli stessi generi.
Il risultato finale era sempre quello di provare a scioccare il destinatario finale delle sue pellicole: lo spettatore.
E il più delle volte Fulci ci riusciva in pieno.
Sette Note in Neronon fa accezione, pur essendo tecnicamente etichettato come giallo ( o come thriller se preferite utilizzare la terminologia anglosassone) contiene numerosi elementi splatter e perfino soprannaturali al suo interno, al punto da risultare un perfetto connubio tra più generi.
Fino al punto da ottenere un vero a proprio connubio, anzi una totale alchimia tra gli stilemi di tutti e tre i settori. In questo modo, nonostante l'iniziale flop al botteghino, nel corso degli anni la pellicola ha conquistato sempre maggiori entusiasmi tra gli appassionati del perturbante più che tra quelli del giallo.
E qui torniamo alla definizione di Fulci come il terrorista dei generi.
Per Sette Note in Nero il risultato finale, la mescolanza totale è dovuta non solo all'indubbio talento del regista ma anche ad una combinazione di fattori.
A partire dalla sceneggiatura.
Anzi, dalle variazioni ed interpolazioni continue della medesima.
Il soggetto iniziale doveva essere il semplice adattamento di un libro intitolato Terapia Mortale del giornalista e critico cinematografico Vieri Razzini ma né Fulci né il suo co-sceneggiatore Roberto Gianviti riuscivano a sentirsi soddisfatti del risultato finale. Per uscire dall'impasse, il cineasta chiamò a completare e revisionare il lavoro Dardano Sacchetti, uno dei migliori sceneggiatori del Cinema italiano.
Sachetti, persona profondamente intelligente ma sopratutto profondamente conscio dei gusti del pubblico insistette per inserire la maggior parte dei riferimenti paranormali che poi sarebbero rimasti all'interno della stesura definitiva; dopotutto quelli erano gli anni del grande successo di Dario Argento e di pellicole come Profondo Rosso
Quella era la tendenza del momento, quello era ciò che veniva richiesto e quello era quanto veniva proposto da decine di imitatori argentiani.
E questo è quello che Fulci e Sacchetti, che imitatori non erano ma maestri al pari (se non superiori) ad Argento avrebbero costruito col loro film.
Ma a modo loro.
Col loro personale stile, anzi con la loro specifica poetica.
Il resto lo fece la lunga lavorazione che tra stop delle riprese, difficoltà varie e continui cambi di produttore durò diversi anni.
Anzi proprio per venire incontro alle richieste di uno dei vari produttori che si erano avvicendati Fulci inserì anche spunti provenienti dai racconti di E.A.Poe.
Il risultato finale è un film magnetico, che avviluppa scena dopo scena, inquadratura dopo inquadratura. Fateci caso Fulci appare prediligere l'utilizzo di primi piani, inquadrature verso i volti, gli occhi, le bocche dei suoi attori in maniera da carpirne ogni singola espressione, tutti gli stati d'animo in maniera da carpire implicitamente l'adesione dello spettatore, da catturarlo quasi all'interno della narrazione.
Fino a farlo precipitare all'interno degli eventi.
Un interno quasi onirico come spesso amava creare il regista.
Sette Note in Nero mette in scena una Toscana crepuscolare, quasi autunnale, una Siena tristemente magica e labirintica, quasi simboleggiante lo stato di sospensione dalla realtà presso il quale si muovono i personaggi con le loro idiosincrasie, le loro contraddizioni e le loro doppiezze.
Anche quelle dei personaggi più positivi.
In questo un lavoro fondamentale viene compito dalla splendida colonna sonora.
Parlo raramente di questo aspetto, però è indubbio che la musica composta dai maestri Vince Tempera; Fabio Frizzi e Franco Bixio sia una delle più belle mai scritte per un film del genere.
Sette note eseguite in contemporanea da un pianoforte ed un carillon.
Niente di più semplice ma niente di più azzeccato, di una semplicità quasi agghiacciante.
Un consiglio?
Andatela a cercare, ascoltatela almeno una volta e poi ne riparliamo.
Come detto altre volte fare Cinema negli anni '70s ( ma il discorso vale anche per le produzioni televisive) significava poter contare su una lunga serie di collaborazioni internazionali e su una ancora più lunga fila di attori italiani e stranieri di estremo talento. Ora, essendo Sette Note in Nero una produzione completamente italiana, in questo caso è particolarmente vero il secondo aspetto del discorso.
Per il ruolo di Virginia Dotti venne ingaggiata Jennifer O'Neill, un'attrice americana sicuramente brava ma della quale le cronache del tempo si occupavano più per l'alto numero dei suoi divorzi che per le sue effettive capacità recitative.
Discorso profondamente diverso per quanto riguarda gli altri attori.
Il francese Marc Porel (che aveva già lavorato in precedenza con Fulci) diede una soddisfacente prova interpretando la parte dello studioso Luca Fattori. Dotato di un volto spigoloso ma interessante Porel dopo decine di apparizioni nel ruolo del sicario o del malavitoso in decine di pellicole noir ( o polar, per utilizzare la definizione francofona) era diventato una presenza costante anche nel nostro cinema spaziando praticamente in ogni genere allora di moda in Italia, dai poliziotteschi agli horror e perfino commedie come Il Soldato di Ventura al fianco di Bud Spencer.
Porel che sarebbe scomparso qualche anno dopo la sua apparizione in questo film in circostanze ancora da chiarire del tutto, in Sette Note in Nero dà vita ad una delle sue migliori interpretazioni, misurata ma intensa a tratti ed istintiva ma con poche sbavature in altri.
Completarono il cast diversi ottimi attori italiani, nomi provenienti dal mondo del teatro come Gabriele Ferzetti e Luigi Diberti o da quello morente degli spaghetti-western (ma anche di tante commedie ) come il bravissimo Gianni Garko (gli ultimi due Diberti e Garko sono tutt'ora molto attivi, specialmente nell'ambito delle produzioni televisive)
In particolare Gianni Garko ( un ottimo professionista che andrebbe riscoperto e rivalutato) gestì bene i panni di un personaggio controverso e sfaccettato come Francesco Ducci, una figura gravata da sospetti ma di cui fino alla fine viene lasciato il dubbio riguardo alla sua effettiva colpevolezza od innocenza
Fulci volle, quasi come una sorta di chiusura del cerchio, omaggiare il periodo in cui dirigeva film comici assegnando una piccola parte, quella del responsabile della pinacoteca, al caratterista napoletano Ugo d' Alessio, un attore che in teatro aveva lavorato a lungo in qualità di spalla del grande Eduardo De Filippo e che sul grande schermo appariva in ruoli marginali in decine di pellicole (tra cui quelle interpretate da Totò)
Tutto questo contribuì alla realizzazione di un film, forse artigianale ma onesto.
Un film graffiante e disturbante.
Nel 1977 come oggi.
A suo modo la testimonianza di un epoca in cui il Cinema era fatto di sogni.
O di incubi ben realizzati.
Anni dopo Virginia è diventata una splendida ed affascinante donna del jet set toscano: si è sposata con l'imprenditore Fabrizio Ducci e fa di tutto per dimenticare il suo passato.
Un giorno però le visioni tornano in maniera prepotente.
Mentre il marito è in procinto di partire per un viaggio d'affari a Londra, la mente di Virginia è bombardata dalle immagini di un misterioso uomo zoppo che prima uccide una giovane donna per poi murarne il corpo ancora caldo.
Ma quando racconta quello che ha visto nessuno sembra volerle credere, né il marito né la di lui sorella. Perfino il suo amico Luca Fattori grande appassionato di paranormale pare convinto dalle visioni della donna. Ma proprio quando Virginia comincia a tranquillizzarsi finisce per compiere un'altra macabra scoperta: una camera all'interno della casa di Campagna dei Ducci si rivela uguale in tutto e per tutto a quella della premonizione di Virginia.
Ad una prima indagine tutto apparirebbe collegarsi alla sparizione di una ragazza avvenuta anni prima, ma che sia davvero così?
Virginia comincia a sospettare di tutti, perfino del tanto amato marito.
L'incubo però è appena cominciato.
E le cose non sono mai quelle che sembrano......
Doveva essere un thriller ed ha finito per diventare uno degli esempi migliori anche del Cinema horror all'italiana.
Jennifer O' Neill e Gianni Garko in una scena del film |
Sette Note in Nero rappresenta anche uno dei punti più alti della cinematografia di Lucio Fulci (1927- 1996) , un regista dotato di una personalità forte, a volte contraddittoria, che spesso aveva rapporti conflittuali con molti degli attori ( ma specialmente con molte della attrici) che impiegava sul set ma che ci ha lasciato veri e propri capolavori
Vari sono stati gli appellativi con cui è stato definito, tra i quali troviamo: il poeta del macabro, o il padrino del gore ma forse quello che definirebbe meglio di tutti i regista ed il suo stile è la definizione di terrorista dei generi
Per un motivo molto semplice.
Sia che girasse una commedia o un giallo o uno degli horror o dei post-atomici realizzati nei suoi ultimi anni di vita, il regista romano era famoso per la sua capacità di andare oltre i recinti e gli steccati dei generi, per il suo modo di "personalizzare" quegli stessi generi.
Il risultato finale era sempre quello di provare a scioccare il destinatario finale delle sue pellicole: lo spettatore.
E il più delle volte Fulci ci riusciva in pieno.
Sette Note in Neronon fa accezione, pur essendo tecnicamente etichettato come giallo ( o come thriller se preferite utilizzare la terminologia anglosassone) contiene numerosi elementi splatter e perfino soprannaturali al suo interno, al punto da risultare un perfetto connubio tra più generi.
Fino al punto da ottenere un vero a proprio connubio, anzi una totale alchimia tra gli stilemi di tutti e tre i settori. In questo modo, nonostante l'iniziale flop al botteghino, nel corso degli anni la pellicola ha conquistato sempre maggiori entusiasmi tra gli appassionati del perturbante più che tra quelli del giallo.
E qui torniamo alla definizione di Fulci come il terrorista dei generi.
Per Sette Note in Nero il risultato finale, la mescolanza totale è dovuta non solo all'indubbio talento del regista ma anche ad una combinazione di fattori.
A partire dalla sceneggiatura.
Anzi, dalle variazioni ed interpolazioni continue della medesima.
Il soggetto iniziale doveva essere il semplice adattamento di un libro intitolato Terapia Mortale del giornalista e critico cinematografico Vieri Razzini ma né Fulci né il suo co-sceneggiatore Roberto Gianviti riuscivano a sentirsi soddisfatti del risultato finale. Per uscire dall'impasse, il cineasta chiamò a completare e revisionare il lavoro Dardano Sacchetti, uno dei migliori sceneggiatori del Cinema italiano.
Sachetti, persona profondamente intelligente ma sopratutto profondamente conscio dei gusti del pubblico insistette per inserire la maggior parte dei riferimenti paranormali che poi sarebbero rimasti all'interno della stesura definitiva; dopotutto quelli erano gli anni del grande successo di Dario Argento e di pellicole come Profondo Rosso
Quella era la tendenza del momento, quello era ciò che veniva richiesto e quello era quanto veniva proposto da decine di imitatori argentiani.
E questo è quello che Fulci e Sacchetti, che imitatori non erano ma maestri al pari (se non superiori) ad Argento avrebbero costruito col loro film.
Ma a modo loro.
Col loro personale stile, anzi con la loro specifica poetica.
Il resto lo fece la lunga lavorazione che tra stop delle riprese, difficoltà varie e continui cambi di produttore durò diversi anni.
Anzi proprio per venire incontro alle richieste di uno dei vari produttori che si erano avvicendati Fulci inserì anche spunti provenienti dai racconti di E.A.Poe.
Il risultato finale è un film magnetico, che avviluppa scena dopo scena, inquadratura dopo inquadratura. Fateci caso Fulci appare prediligere l'utilizzo di primi piani, inquadrature verso i volti, gli occhi, le bocche dei suoi attori in maniera da carpirne ogni singola espressione, tutti gli stati d'animo in maniera da carpire implicitamente l'adesione dello spettatore, da catturarlo quasi all'interno della narrazione.
Fino a farlo precipitare all'interno degli eventi.
Un interno quasi onirico come spesso amava creare il regista.
Sette Note in Nero mette in scena una Toscana crepuscolare, quasi autunnale, una Siena tristemente magica e labirintica, quasi simboleggiante lo stato di sospensione dalla realtà presso il quale si muovono i personaggi con le loro idiosincrasie, le loro contraddizioni e le loro doppiezze.
Anche quelle dei personaggi più positivi.
In questo un lavoro fondamentale viene compito dalla splendida colonna sonora.
Parlo raramente di questo aspetto, però è indubbio che la musica composta dai maestri Vince Tempera; Fabio Frizzi e Franco Bixio sia una delle più belle mai scritte per un film del genere.
Sette note eseguite in contemporanea da un pianoforte ed un carillon.
Niente di più semplice ma niente di più azzeccato, di una semplicità quasi agghiacciante.
Un consiglio?
Andatela a cercare, ascoltatela almeno una volta e poi ne riparliamo.
![]() |
Un intenso primo piano di Marc Porel |
Per il ruolo di Virginia Dotti venne ingaggiata Jennifer O'Neill, un'attrice americana sicuramente brava ma della quale le cronache del tempo si occupavano più per l'alto numero dei suoi divorzi che per le sue effettive capacità recitative.
Discorso profondamente diverso per quanto riguarda gli altri attori.
Il francese Marc Porel (che aveva già lavorato in precedenza con Fulci) diede una soddisfacente prova interpretando la parte dello studioso Luca Fattori. Dotato di un volto spigoloso ma interessante Porel dopo decine di apparizioni nel ruolo del sicario o del malavitoso in decine di pellicole noir ( o polar, per utilizzare la definizione francofona) era diventato una presenza costante anche nel nostro cinema spaziando praticamente in ogni genere allora di moda in Italia, dai poliziotteschi agli horror e perfino commedie come Il Soldato di Ventura al fianco di Bud Spencer.
Porel che sarebbe scomparso qualche anno dopo la sua apparizione in questo film in circostanze ancora da chiarire del tutto, in Sette Note in Nero dà vita ad una delle sue migliori interpretazioni, misurata ma intensa a tratti ed istintiva ma con poche sbavature in altri.
Completarono il cast diversi ottimi attori italiani, nomi provenienti dal mondo del teatro come Gabriele Ferzetti e Luigi Diberti o da quello morente degli spaghetti-western (ma anche di tante commedie ) come il bravissimo Gianni Garko (gli ultimi due Diberti e Garko sono tutt'ora molto attivi, specialmente nell'ambito delle produzioni televisive)
In particolare Gianni Garko ( un ottimo professionista che andrebbe riscoperto e rivalutato) gestì bene i panni di un personaggio controverso e sfaccettato come Francesco Ducci, una figura gravata da sospetti ma di cui fino alla fine viene lasciato il dubbio riguardo alla sua effettiva colpevolezza od innocenza
![]() |
Un matrimonio felice? |
Fulci volle, quasi come una sorta di chiusura del cerchio, omaggiare il periodo in cui dirigeva film comici assegnando una piccola parte, quella del responsabile della pinacoteca, al caratterista napoletano Ugo d' Alessio, un attore che in teatro aveva lavorato a lungo in qualità di spalla del grande Eduardo De Filippo e che sul grande schermo appariva in ruoli marginali in decine di pellicole (tra cui quelle interpretate da Totò)
Tutto questo contribuì alla realizzazione di un film, forse artigianale ma onesto.
Un film graffiante e disturbante.
Nel 1977 come oggi.
A suo modo la testimonianza di un epoca in cui il Cinema era fatto di sogni.
O di incubi ben realizzati.