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LO STRANO CASO DI PASSO DYATLOV. - Conclusione.

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Attenzione: i contenuti e le immagini  presenti in questo articolo potrebbero offendere la sensibilità di alcuni lettori
Le prime due parti di questa vicenda sono state pubblicate QUI e QUI.


"Se ci rammentiamo della nostra comune follia, i misteri scompaiono e la vita riceve una giustificazione!"
Mark Twain.

"Il fascino che maggiormente seduce le anime è il fascino del mistero. Non esiste bellezza senza velo, e ciò che preferiamo è ancora l’ignoto !"
Anatole France

Nei giorni successivi al ritrovamento dei corpi vengono tenuti pubblici funerali per gli escursionisti morti, il clima è surreale, le persone intervenute non possono fare a meno di notare la pelle dei morti dotata di un innaturale ed intenso color bruno ramato, una abbronzatura che stride col  contesto generale. Così come stridono quelle capigliature diventante stranamente bianche di molti dei ragazzi ritrovati tra la neve.

C'è un bambino tra la folla; il suo nome è Yuri Kunsevich. Davanti alle bare che espongono i corpi straziati dei giovani alpinisti Yuri  Kunsevich compie un gesto tipico della sua età.
Un giuramento solenne. 

I funerali delle vittime.
Yuri cercherà di fare in modo che quei nomi, quei volti, quella strana vicenda non vengano mai dimenticate.
Il dodicenne Yuri Kunsevich ancora non lo sa ma quel giuramento lo impegnerà per il resto della sua vita.

- VITE SOSPESE.

Ma quel dodicenne di Ekaterinburg non sarà il solo a rimanere imprigionato nelle spire di quella strana vicenda, ben altre vite, diverse esistenze rimarranno sconvolte dall'incidente del monte Cholatčachl, troppe saranno le persone che non riusciranno a voltar pagina dopo aver ritrovato i nove cadaveri.
C'è Yuri Efrimovic Yudin che non riesce a darsi pace convinto com'è di aver abbandonato i suoi compagni; si chiama "senso di colpa del sopravvissuto", decenni dopo gli psicologi di tutto il mondo sapranno benissimo di cosa si tratta, lo inquadreranno tra e decine di complicazioni della mente umana, troveranno perfino palliativi per curarlo.
Ma nel 1959 nella profonda madre Russia tutte queste cose ancora non si conoscono.

 C'è un' altro degli amici di Dyatlov, uno studente di nome Moisei Akselrod, uno che ha partecipato alla prima missione di soccorso, quella infruttuosa organizzata da Politecnico che decide di investigare per conto suo; rimane anche il tecnico Lev Ivanov che continua ad urlare al mondo esterno di aver rinvenuto sui corpi e sui vestiti degli alpinisti morti abnormi tracce di radiazioni difficilmente spiegabili in natura.
Ma il mondo esterno, in quel vero e proprio dialogo tra sordi  che è stata la Guerra Fredda non gli risponde.

Anche un altro dei soccorritori, uno di quelli che ha partecipato alla spedizione della polizia e cioè il giornalista Yuri Yarovoi comincia a raccogliere dati ed informazioni per conto proprio.
Si diffondono voci, a livello non ufficiale nella URSS che da poco ha seppellito anche Stalin
E come sempre accade quando le voci sono incontrollate viene detto veramente di tutto.
Ed anche il suo contrario.

Circola perfino la  voce che, oltre a quelle ufficiali della spedizione, sia stata ritrovata una  ulteriore macchina fotografica ( qualcuno parla addirittura di una cinepresa), un congegno di proprietà privata di uno dei nove escursionisti morti  che potrebbe dare ulteriori risposte.
Effettivamente accanto al corpo di Aleksandr Zolotarev viene rinvenuta una macchina fotografica che il giovane ha comprato per conto suo e che non fa parte della dotazione ufficiale della spedizione, purtroppo però l'esposizione all'umidità ha danneggiato senza possibilità di recupero il rullino
Le uniche fonti d'informazione saranno e rimarranno i diari e la macchina fotografica ufficiale.
Quello che è certo, il dato sicuro, è che il governo sovietico dichiara off limits l'area dell' incidente almeno fino al 1962.
Per anni nessuna persona non autorizzata non potrà nemmeno avvicinarsi al Cholatčachl  

- INCHIESTE E POLEMICHE

L'inchiesta statale viene ufficialmente conclusa tra il maggio ed il giugno del 1959, senza che sia individuato il colpevole della morte di Igor Dyatlov e degli altri otto giovani, si parla genericamente di una forza sconosciuta ed irresistibile che ha causato il decesso dei nove escursionisti
Dopo la conclusione dell'inchiesta con il KGB che definisce l'intero caso come "riservato", il fascicolo con tutta la pratica viene inviato in un archivio a prendere la polvere  per decenni, alcuni parlano di questo archivio come di un archivio segreto altre fonti preferiscono parlare di una semplice "dimenticanza" da parte delle autorità. 
Ad ogni modo solo dopo la fine dell'Unione Sovietica i documenti verranno resi pubblici, sia pure in maniera parziale, manca infatti qualcosa, secondo i complottisti si tratterebbe di numerose pagine, secondo tutti gli altri solo una busta con la corrispondenza privata degli investigatori.

Le cose vanno comunque avanti.
Non tutti si fermano, non tutti si dimenticano della vicenda.
Nel 1967 Yuri Yarovoi pubblica un libro ispirato alle vicende del  Cholatčachl,  certo si tratta di un romanzo,i tempi non sono ancora maturi per una inchiesta giornalistica e Yuri compie gli stessi errori che compiranno nel corso dei decenni la maggior parte delle persone che si occuperanno del caso, cioè una eccessiva tendenza al sensazionalismo e una scarsa obiettività.
C'è però un dato interessante: alla morte di Yarovoi avvenuta negli anni 80's anche il suo archivio scompare nel nulla.
Passano mesi, passano decenni  e il caso si trasforma nel più famoso caso irrisolto mai avvenuto in terra russa però poco alla volta il velo comincia a dissiparsi.

- PROBABILI SPIEGAZIONI RAZIONALI.

Innanzitutto alcuni scienziati riescono a spiegare come mai alcuni dei corpi ritrovati nella neve risultavano solo parzialmente vestiti ( o comunque vestiti in maniera non adatta ad un clima come quello degli Urali in Inverno).
Si tratterebbe di un fenomeno rarissimo, non completamente riconosciuto da tutte  ma già analizzato in alcuni casi similari e conosciuto sotto il nome di Undressing Paradossale o Svestimento Paradossale
In buona sostanza si tratterebbe di una reazione dei vasi sanguigni dei muscoli umani, che sottoposti ad una improvvisa situazione di ipotermia estrema si aprirebbero per vasodilatazione per mandare sangue a tutte le posizioni periferiche del corpo.

Igor Dyatlov

Il risultato finale?
Una persona che dovesse passare da un momento all'altro da un ambiente a temperatura normale ad uno con temperature polari, almeno ad uno stadio iniziale avrebbe l'erronea sensazione di provare caldo mentre nella realtà il suo organismo sta morendo assiderato.
E se ci pensate bene, i nove escursionisti in pochi secondi erano passati dalla relativa protezione di una tenda ermeticamente sigillata ad un ambiente esterno in cui la temperatura era quantificabile almeno tra - 25\-30 ° sotto lo zero in piena tempesta.

E per quanto riguarda l'alta percentuale di radiazioni rinvenuta tra i vestiti ?
Alcuni ricercatori ritengono di poter rispondere anche su questo particolare.
Si comincia con una piccola informazione, si scopre che uno dei nove alpinisti, e cioè Yuri Alekseevič Krivoniščenko ha lavorato per un paio di anni presso una centrale nucleare segreta, la famigerata Chelyabinsk- 40, un luogo oggi divenuto tristemente noto per i ripetuti incidenti e per le ancora più ripetute dispersioni energetiche di cui solo oggi siamo a conoscenza.
Questo spiegherebbe almeno parzialmente il livello di radiazioni riscontrati sui vestiti dei cadaveri.
Dopotutto nel 1959, in quanti erano veramente coscienti dei rischi, degli effetti e delle conseguenze del nucleare?  Quali erano i protocolli di sicurezza, quali erano le protezioni che i siti -segreti o meno che fossero- applicavano nei confronti dei propri dipendenti?
Negli anni '50s il nucleare per molti aspetti era ancora una vera e propria terra incognita sia per l'Unione Sovietica sia per gli Stati Uniti, logico quindi immaginare che i vestiti di un umile dipendente di una centrale nucleare conservassero tracce di radioattività
Una volta terminato l'effetto del' Undressing Paradossale e dopo l'avvenuta morte di Krivoniščenko per assideramento i compagni ancora in vita in un disperato- e purtroppo, inutile - tentativo di sopravvivenza si erano impossessati dei vestiti del morto trasferendo così le tracce di radioattività.

E lo strano colore bruno, quasi da persona abbronzata dei cadaveri?
Anche questa sarebbe  un' altra semplice conseguenza dell'esposizione al freddo intenso, i corpi sarebbero stati completamente bruciati dalle basse, bassissime temperature.

E le atipiche ferite trovate su quattro dei nove morti? Le gabbie toraciche esplose? La mancanza di occhi in alcuni dei cadaveri? La lingua asportata a Ljudmilla Dubinina?

Probabilmente eventi anch'essi spiegabili anch'essi in maniera razionale.
Dopotutto quei quattro corpi ( sui nove totali) sono stati rinvenuti all'interno di quello che originariamente era un burrone profondo almeno una dozzina di metri e molte di quelle ferite sarebbero (ripeto sarebbero) compatibili con una caduta in un precipizio.
Altre invece come la lingua mancante potrebbero essere dovute all'azione di un qualsiasi e normalissimo animale selvatico.
Certo tutto giusto, tutto sensato.
E allora cosa manca ancora?

C'è un' altra cosa che viene salta fuori.
In tempi recenti dopo tanti dinieghi da parte di molti esponenti delle alte sfere viene definitivamente ammesso che in quella specifica zona della Russia  venivano compiuti in gran segreto lanci sperimentali di razzi balistici: le strane e misteriose luci color arancio apparse per mesi lungo i cieli degli Urali ed apparse anche nei giorni del viaggio di Igor Dyatlov e compagni altro non erano che gli scarichi di missili intercontinentali R-7, orgoglio della tecnologia sovietica.
Nel 1990 uno dei medici coinvolti nelle autopsie originali - ha dichiarato, sia pure sotto forma anonima potrebbero essere state causate dall'esplosione di un missile.
Dichiarazione mai avvallata successivamente.

E le risposte date sopra, pur essendo estremamente probabili, pur essendo le più logiche possibili ancora non risultano definitive, ancora non danno una spiegazione alla domanda più importante, all'unica domanda veramente risolutiva.
Che cosa ha spinto nove ragazzi apparentemente normali e psicologicamente sani a fuggire improvvisamente  di notte scappando (anzi tagliandone il telo in tutta fretta e dall'interno) da una tenda chiusa? 


La risposta, o perlomeno una risposta mancava.
Questo almeno fino al giorno in cui è spuntato fuori un uomo convinto di aver trovato definitivamente la soluzione completa dell'enigma .

- LA "TEMPESTA PERFETTA"!.

La persona in questione è un regista e scrittore statunitense, il suo nome è Donnie Eichar, ossessionato da anni dalla vicenda, nel 2014 l'uomo ottiene il permesso dalle autorità russe di ripercorrere lo stesso tragitto  effettuato nel 1959 dalla spedizione Dyatlov.
Molti altri prima e dopo di lui otterranno lo stesso permesso, ma se costoro torneranno dal viaggio con più dubbi che certezze, Eichar invece al termine del percorso trovandosi ad ammirare le cime innevate del Cholatčachl, del Monte della Morte si convince di aver  trovato la soluzione definitiva al mistero.
Secondo Eichar quella notte l'intero passo e le montagne vicine sarebbero state preda di una "Tempesta Perfetta", da questa anche a causa delle peculiari forme di cima delle montagne della zona la tempesta sarebbe degenerata in decine di mini tornado.
Il rumore assordante e continuo e gli ultrasuoni connessi avrebbero minato la salute mentale dei ragazzi accampati all'interno della tenda.
In particolare gli ultrasuoni prodotti dalla tempesta avrebbero causato effetti quali la deprivazione da sonno, difficoltà respiratorie ed un crescente senso di oppressione.

Sempre secondo la "Teoria Eichar" la paura avrebbe spinto i meno esperti del gruppo ( forse DorošenkoKrivoniščenko) a fuggire di corsa dalla tenda costringendo tutti gli altri a seguirli.
Da quel momento in poi il loro destino sarebbe stato segnato.
Senza alcuna possibilità di ritorno.

- MORTE DI NOVE RAGAZZI.

Praticamente svestiti, persa la direzione della tenda i nove ragazzi si sarebbero inizialmente ricongiunti sotto i rami del cedro
Nel tentativo di ritrovare la direzione giusta Rusten Slobodin si sarebbe procurato la leggera frattura cranica con la quale il suo cadavere sarebbe stato ritrovato mesi dopo.
Anche i primi tentativi di accendere dei fuochi per riscaldarsi non sarebbero serviti a nulla e poco alla volta i nove giovani alpinisti uno dopo l'altro avrebbero preso a cadere senza vita.
Per primi sarebbero morti Slobodin; Dyatlov e la Kolmogorova ; immediatamente dopo sarebbe toccato a Dorošenko e Krivoniščenko
A questo punto la nostra tragica vicenda diventa se possibile ancora più straziante.

Avvolti da una pesante cappa di freddo i pochi sopravvissuti avrebbero- come ipotizzato più volte nel corso delle varie ricostruzioni- provato ad utilizzare i vestiti dei compagni già morti, in particolare Ljudmilla Dubinina avrebbe indossato gli abiti di Krivoniščenko trasferendo anche su di se le tracce della radioattività poi riscontrata dai soccorritori.
In quattro ancora in vita non potendo ritrovare la tenda avrebbero cercato rifugio nel bosco.
Ma ad attenderli avrebbero trovato solo il crepaccio.
Nel cadere la morte sarebbe stata quasi immediata per la Dubinina e per Nikolaj Vladimirovič Thibeaux-Brignolles mentre invece Aleksandr Sergeevič Kolevatov si sarebbe sopravvissuto alla caduta rimanendo però gravemente ferito.

Posizione in cui fu trovato
il corpo di Lyudmilla Dubinina

La tragedia si è ormai quasi conclusa resta però lo spazio per per un piccolo atto di coraggio.
E di umanità.

Rimarrebbe ancora il più vecchio del gruppo: Aleksandr Aleksandrovič "Semen" Zolotarëv, lui non sarebbe nemmeno uno studente, non è iscritto al Politecnico di Sverdlovsk, non fa parte del gruppo agonistico di Dyatlov e degli altri; è semplicemente una guida alpina che ha accettato di accompagnare gli studenti in quel viaggio per acquisire dei vantaggi successivi.  Tra tutti è anche l'escursionista più esperto ed è quello che forse avrebbe le maggiori possibilità di sopravvivere se si muovesse.
Eppure vedendo Kolevatov moribondo decide di fermarsi, lo copre come può con gli abiti tolti a Ljudmilla Dubinina e resta vicino a lui ad aspettare l'alba.
Quando mesi dopo giungeranno i soccorsi troveranno i due cadaveri a pochissimi centimetri l'uno dall'altro.

"Semen" Zolotarev in una foto recuperata
dai rullini ufficiali della spedizione.

Così finirebbe la Storia.
Almeno secondo la più probabile delle ricostruzioni.
Ma non ci sono testimoni e quindi il caso rimane irrisolto.

- EPILOGHI.

Strano paese la Russia, ha attraversato i secoli rimanendo praticamente uguale a sé stessa, ha cambiato sistemi politici, padroni e regnanti ma alla fine ha conservato sempre una sua peculiare anima.
Un'anima fatta di segreti, romanticismo malinconico e wodka fatta in casa.
Come tutti i popoli i russi hanno vissuto i loro incubi, come tutte le nazioni hanno nutrito i loro fantasmi ed i loro misteri.
A tutt'oggi uno dei più famosi rimane proprio quello che vi ho narrato.

Sia pure più facilmente raggiungibile rispetto al passato il monte Cholatčachl rimane un luogo aspro e selvaggio, sono rimaste anche le ultime tribù Mansi che continuano silenziosamente la loro guerra di nervi con lo stato russo; l'unico cambiamento riguarda la toponomastica, il Passo della Morteè stato ribattezzato come Passo di Dyatlov in onore di Igor Dyatlov e dei suoi sfortunati compagni.
E' stata apposta una lapide che ricorda i nomi ed i volti dei caduti, cosicché il viaggiatore che si trovi in zona non potrà non ricordare gli eventi del 1959.
Si è detto di tutto sulle cause di questa tragedia, di volta in volta si  sono scomodati gli alieni; l'attacco di un Almas o l'esperimento segreto sovietico finito male.
Si è parlato di  strani spiriti, presenze della religione Mansi, creature che periodicamente rivendicherebbero vite umane.
Sempre in numero di nove.
Un simbolismo che fa male.

In Russia sono stati scritti fior di volumi sulla vicenda ; sono stati girati documentari ed incisi dischi,  è nato perfino un videogioco in proposito.
Nel 2013 è uscito anche un film horror una coproduzione tra Russia e Stati Uniti intitolato Devil's Pass ispirato alla vicenda.

Yuri Kunsevich ha costituito ad Ekaterinburg una vera e propria fondazione dedicata ad IgorDyatlov e da anni cerca di convincere le autorità russe a riaprire il caso

Yuri Efrimovic Yudin, l'unico sopravvissuto è morto il 27 Aprile del 2013 per circostanze naturali, alla venerabile età di 75 anni. Divenuto amministratore pubblico ha trascorso il resto della sua vita ossessionato dalle vicende che lo hanno visto coinvolto. Fino all' ultimo è stato convinto che l'esercito russo fosse in qualche modo responsabile della morte dei suoi compagni.
Qualche anno prima di morire nel corso di una intervista per il quotidiano britannico The Telegraph, una delle rare dichiarazioni da lui concesse, ad una precisa domanda su cosa desiderasse dalla vita ha risposto più o meno così:
"Se mai un giorno avessi la possibilità di rivolgere una sola domanda a Dio quello che gli chiederei sarebbe : Che diavolo è accaduto ai miei amici quella notte?"

Un anziano Yuri Yudin, in una delle sue interviste.

- L'ULTIMA FOTOGRAFIA.

Rimarrebbe ancora una cosa da dire.
Ricordate il finale del post precedente?
Vi avevo parlato di due foto dubbie, che ancora oggi dividono gli esperti e gli storici, la prima quella che ho mostrato nel precedente post, quella sul presunto Almas, lo Yeti russo per anni è stata sfruttata da trasmissioni e documentari sensazionalisti.
Così come è stata sfruttata dalle stesse trasmissioni una frase attribuita al diario di una dei due componenti femminili della spedizione:
"Adesso sappiamo che l' Uomo delle Nevi esiste davvero"
Peccato che quella foto molto probabilmente rappresentasse uno scherzo tra amici e che quella frase utilizzata in maniera decontestualizzata  - secondo le ricostruzioni della maggior parte dei ricercatori si riferisse ad un semplicissimo e banalissimo pupazzo di neve costruito per divertimento durante il viaggio
Ma c'è un' altra foto che merita di essere vista
Un' immagine che, mostrerebbe -secondo alcuni - la inconfondibile traccia di una luce in avvicinamento mentre secondo molti altri sarebbe il risultato di una eccessiva sovraesposizione.
Sto parlando di questa  foto qui:

L'ultima foto. 

E' la testimonianza finale, l'ultima foto, dell'ultimo rullino  ritrovato nella fotocamera appartenuta a  Yuri Alekseevič Krivoniščenko.
Ma, per quanto mi riguarda - se me lo chiederete- ai miei occhi è semplicemente l'ultima disperata richiesta, l'estremo tentativo di comunicazione attuato da una persona prossima alla morte.
E soprattutto pienamente cosciente di stare per morire.

In fondo Lo Strano Caso di Passo Dyatlovè solo l'ennesima Storia che fa parte del nostro subconscio, di quelle che stuzzicano la nostra fantasia e che sfidano sia la nostra credulità che il nostro lato più razionale chiedendoci di schierarci.
Una fiaba moderna in cui abbiamo bisogno di credere, non importa quale sia la nostra posizione in proposito
E finché esisteranno Storie come questa ci saranno anche persone come me che le racconteranno.

FINE.

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