La scheda sull'autore la trovate QUI.
Lunedì è arrivato ed una nuova settimana comincia. Per rendervi più gradevole il ritorno al lavoro vi propongo l'intervista con lo scrittore Vincent Spasaro.
Ringrazio Vincent per la sua gentilezza e per la sua disponibilità.
A tutti voi auguro una buona lettura, attendo i vostri commenti.
Nick: Benvenuto su Nocturnia, Vincent è un vero piacere averti ospite delle interviste di questo blog. Come prima domanda ti chiedo di raccontarci dei tuoi inizi e del momento in cui hai deciso di diventare uno scrittore.
Vincent Spasaro: Ciao, Nick, e grazie per questa tua bella intervista.
Da che ricordi mi è sempre piaciuto molto leggere. A un certo punto ho semplicemente creduto di aver qualcosa da dire. Quasi per scherzo ho inviato un romanzo al Premio Urania alla fine degli anni novanta e, avendo ottenuto un certo riscontro fra alcuni appassionati, non ho più smesso. Non mi sono mai identificato con il personaggio dello scrittore preferendo il gioco, la sperimentazione, il lavoro creativo. Provare e riprovare, affinare la tecnica.
Nick: Sei da tutti considerato come un autore weird o dark fantasy, e infatti le tue opere sono un misto di horror, fantasy e alle volte fantascienza. Cosa ti ha avvicinato al genere fantastico e cosa ami di questo tipo di letteratura?
Vincent: Principalmente fortuna. Le inclinazioni di mio padre, gran lettore, sono passate a me tramite l’esempio. Lui ha sempre preferito la fantascienza ma acquistava di tutto, dai contemporanei americani agli autori d’oltre cortina. In più a metà anni 70 trasmettevano in televisione sceneggiati italiani molto ben strutturati e con una chiara impostazione gotica. Più o meno in quel periodo la Rai è stata invasa da produzioni inglesi ancora più oscure. La stagione dei cartoni animati giapponesi mi ha solo sfiorato e l’ho sempre osservata da lontano con diffidenza. Gli sceneggiati italiani e inglesi erano molto complessi, spesso privi di quella tendenza al lieto fine e alla semplicità che poco dopo avrebbe messo radici in televisione grazie alle serie americane attraverso le reti private. Non sottovaluterei poi i fumetti. Leggevo tutte le pubblicazioni della Corno, compresi i racconti dell’ orrore, e quelle della Bonelli. Ricordo Tex fin da piccolissimo, Zagor, i primi Martin Mistère e poi Dylan Dog. E prima ancora Il Gruppo TNT, Nick Raider, Strurmtruppen eccetera.
Inutile negarlo: il fantastico è una specie di droga. Ti fa viaggiare, ti fa stare bene, vivere avventure in mondi sconosciuti, sfuggire a mostri o perire per gioco nel tentativo, esplorare ed esorcizzare le tue paure. Dopo un po’ resti pure in crisi d’astinenza. Il fantastico è una droga molto buona e io non posso farne a meno.
Nick: In particolare, quali sono stati gli scrittori e le opere che ti hanno maggiormente colpito e formato come lettore prima ancora che come scrittore?
Vincent: Troppe per citarle tutte. Da piccolissimo adoravo Verne, London e Poe. Poi la Bronte, Tolkien che scoprii a quattordici anni, Lovecraft di cui ricordo ancora il primo racconto letto (“La Ricorrenza”), gli italiani del dopoguerra che narravano la resistenza, i grandi scrittori russi, Marquez, Vance, Bradbury, Dick, molte scrittrici di sf degli anni 70, Eco, Calvino, Bachman che fu il primo King che lessi. Se devo tirare fuori un nome su tutti, James G. Ballard.
Nick: Come autore prima di giungere alla pubblicazione hai seguito un lungo percorso artistico e formativo, vediamo se ricordo bene: sei stato finalista alla seconda ed ultima edizione del Premio Solaria e poi hai concorso spesso all'Urania piazzandoti in finale per ben tre volte. In seguito hai anche diretto la collana "weird" per le edizioni "Il Foglio" . Ti chiedo quindi nell'ordine: quanto è importante, secondo te la gavetta per uno scrittore e, in seconda battuta, se ti va di indicarci i momenti migliori ed i peggiori di tutto questo percorso artistico e cosa ti hanno insegnato questi momenti.
Vincent: Ho partecipato a tre finali consecutive del Premio Urania e a un Solaria fra la fine degli anni 90 e l’inizio dei 2000, sempre con romanzi diversi. Poi mi resi conto che quello che scrivevo, indipendentemente dalla qualità, era troppo complesso per rientrare in un genere e quindi essere adatto ai premi di fantascienza. Avevo un esempio in Valerio Evangelisti ma compresi che era stata un’eccezione e non si sarebbe ripetuta. Lasciai perdere.
In quel periodo Gordiano Lupi mi chiese di diventare direttore di collana per il fantastico e l’orrore delle Edizioni Il Foglio. Fu un’avventura che mi diede molte soddisfazioni perché lanciammo autori di grande qualità come l’indimenticabile Giovanni Buzi, Maurizio Cometto, Luca Barbieri il cui “Five Fingers”, ristampato recentemente da Odoya, è un capolavoro dell’horror made in Italy, Lorenza Ghinelli (scoperta da Gordiano, non da me!), Fabio Lastrucci eccetera. Ovviamente io, in quanto direttore di collana, non pubblicai più nulla per Il Foglio- chi avrebbe controllato il controllore?
Lupi è sempre stato un editore illuminato e ha dato opportunità a una quantità enorme di talenti. Mi ha sempre lasciato campo libero nelle scelte e più di una volta ho posto il veto alla pubblicazione di autori abbastanza famosi perché giudicavo le opere non all’altezza, creando dei problemi seri a Gordiano e facendomi più di un nemico. Ora mi rendo conto di come fossi fin troppo duro, eppure, se tornassi indietro, rifarei tutto alla stessa maniera. E Gordiano non ha mai battuto ciglio. Un grande senza se e senza ma.
Quel periodo mi ha dato tanto e mi ha permesso di crescere. Un’esperienza assolutamente amatoriale e underground ma dichiarata come tale e per questo vitale e fresca.
Se però devo dirti la verità, Nick, non credo che questa gavetta di vent’anni e passa sia servita per davvero. Alla fine ti sfianca soltanto. Come fai a resistere? Quanta gente valida si è ritirata per non aver trovato sbocchi? Se penso che pochi ancora conoscano gente come Clelia Farris o Maurizio Cometto, mi faccio qualche domanda. Se permetti, qualche domanda aperta vorrei farla anche ai blogger, ai giornalisti, ai recensori. Ragazzi, più spirito critico.
Nick: Mi sembra di aver letto alcune tue dichiarazioni in cui sostenevi che in questa fase alcune persone tra cui Marzio Biancolino, all' epoca redattore della Mondadori, ed il grande Sergio Altieri ti abbiano sempre spronato a non arrenderti ed è grazie a loro che tu hai continuato a scrivere. E vero questo particolare?
Vincent: Senza alcun dubbio. Non solo loro: anche persone come Daniele Barbieri o lo stesso Gordiano Lupi, e più avanti Sabina Guidotti e Danilo Arona. A Sergio Altieri devo moltissimo perché mi ha pubblicato quando avevo ormai perso le speranze. “Assedio” sarebbe potuto uscire nei primissimi anni duemila quando Gaiman, Ruff e Mieville si andavano ancora affermando in Italia: credo di poter tacciare l’editoria italiana di una certa miopia senza esagerare troppo.
Nick: L'anno della svolta è il 2011, quando il tuo romanzo "Assedio", viene pubblicato sul #1576 della collana "Segretissimo" della Mondadori. "Assedio"è uno dei frutti proprio di quel periodo di gavetta di cui parlavamo prima. Raccontaci come il romanzo arrivò alla pubblicazione e le sensazioni che provasti quando vedesti il tuo primo romanzo pubblicato.
Vincent: In realtà “Assedio” sarebbe dovuto essere pubblicato in Epix che però chiuse i battenti prima che avessi in mano il contratto. Altieri disse che avrebbe tenuto fede alla parola data e lo piazzò in Segretissimo. Stiamo parlando di una persona che non avevo mai visto in vita mia e con cui avevo scambiato solo un paio di mail. Non aveva alcun dovere nei miei confronti. Non so se mi spiego.
Chiaramente fui felicissimo. Senonché, appena pubblicato il romanzo, la Mondadori rimase stranamente in silenzio. Venni a scoprire più tardi che, nonostante Assedio avesse venduto molto bene, il nuovo direttore aveva deciso (legittimamente: una giusta scelta di conservazione) di dare un corso più canonico alla testata di spionaggio, per cui io non sarei stato della partita. Amen.
Nick: Leggendo "Assedio" mi sembra di riscontrare una unione tra tematiche Lovecraftiane (l'impreparazione a comprendere ed affrontare l'ignoto), impressioni ballardiane ( le mostruosità dell'animo umano) e per finire temi apocalittici con ispirazioni tratte da serie inglesi anni 70 (sarà una combinazione ma mi sono venute in mente il Doctor Who con Tom Baker, I Sopravvissuti di Terry Nation e Zaffiro ed Acciaio di P.J. Hammond)
Sono impressioni sbagliate le mie?
Vincent: Hai centrato in pieno le influenze confluite nel romanzo. Sono comunque umori che io stesso ho colto solo a posteriori. Gli sceneggiati inglesi, soprattutto, devono essersi sedimentati profondamente poiché non pensavo certo a Spazio 1999 mentre scrivevo! Eppure qualcosa di quelle atmosfere si percepisce. Aggiungo anche l’hard boiled più cupo e un certo amore per la sceneggiatura per il cinema. Il romanzo è molto veloce e denso, cinematografico.
Nick: Sempre in "Assedio" lo scenario dei fantasmi che imperversano in una città assediata è mutuato- nemmeno troppo velatamente ai giorni tragici del vero assedio di Sarajevo. Da cosa deriva l'interesse per questo evento storico?
Vincent: L’averlo vissuto. Voglio dire: le guerre, gli assedi, li abbiamo studiati a scuola. Ci capita di osservare al telegiornale luoghi esotici che stanno dall’altra parte del mondo: i bombardamenti sono simili a quelli dei film. Non c’è purtroppo alcuna vera immedesimazione. Sarajevo fu la prima guerra alle porte di casa nostra, una guerra che alla mia generazione è mancata nel bene e nel male. Vidi da vicino la viltà politica italiana, la pochezza della sinistra e il pelo sullo stomaco della destra. Le ideologie cadevano a pezzi di fronte alle atrocità, eppure a nessuno pareva importare nulla. Una situazione simile a quella dei migranti di oggi, se ci pensi. Tanti proclami ma i disperati continuano ad affogare a poca distanza dalle spiagge dove noi facciamo il bagno.
Nick: Con il tuo secondo romanzo, "Il Demone Sterminatore" uscito nel 2013 cambi decisamente registro, al punto che le due opere sembrano quasi scritte da due persone diverse. E' stata una scelta voluta?
Vincent: Sì. Ne “Il Demone Sterminatore”, ovvero”Fiume Senza Rive” che è il vero titolo, volevo creare un gioco di scatole cinesi in cui confluissero epica e lirica, e, se mi permetti, dimostrare che anche noi italiani possiamo scrivere fantasy a un certo livello. Se possibile “Il Demone” è ancora più orrorifico, spaventoso e cupo che “Assedio”, ma in una maniera differente, più letteraria. Sono molto orgoglioso di quel romanzo che continua a vendere e a mietere consensi inaspettati a distanza di anni nonostante il silenzio assordante della critica paludata. Il tempo alle volte è galantuomo.
Nick: Il Demone Sterminatore" parte da un presupposto molto interessante, quello di una creatura, un'entità che compie un deicidio. Come ti è venuta l'ispirazione per questo romanzo?
Vincent: Bella domanda. Probabilmente più di ogni altra cosa ha influito il mio essere meridionale, aver vissuto la nostra religiosità cupa e sanguinaria che contrasta fortemente col sole delle piazze; l’ombra buia e gelida delle cripte, i contrasti a volte cruenti delle nostre regioni dove boschi aggrovigliati e monti impervi rendono possibile rapimenti e feste primordiali. Nel romanzo cercavo di sperimentare un connubio inedito fra fantasy, fantascienza e orrore cosmico. Spero di essere stato originale e soprattutto di aver dipinto luoghi credibili e personaggi di spessore, cosa abbastanza difficile nel fantasy.
Nick: Al centro dell'opera sembra essere molto forte anche il tema del viaggio, della caccia e della trasformazione. Possiamo definire "Il Demone Sterminatore" come un romanzo di "formazione" in chiave dark ed apocalittica?
Vincent: Se di romanzo di formazione si tratta, sta’ sicuro che una simile formazione in alcune nazioni odierne garantirebbe la condanna a morte al suo autore. È un romanzo di dubbi ancestrali, di paure, come smuovere cose morte in luoghi proibiti. Penso che riesca a scuotere il lettore a livelli profondi, al di là del semplice intrattenimento. Secondo me quando lo finisci non ti senti benissimo. Magari devi andare a prepararti una camomilla. E allora ho vinto io.
Nick: Dicevamo prima che sei considerato uno scrittore "Weird" o di "Dark Fantasy”. Ti ritrovi in questa descrizione o la ritieni riduttiva ? E nel caso come definiresti le tue opere?
Vincent: Mah. Non sono un critico. Spetta a loro tirare fuori definizioni.
Probabilmente sono uno scrittore horror. Solo che il pubblico spesso per horror intende un romanzo dove c’è un tizio che ammazza tutti o un sacco di zombie affamati, così come identifica la sf con distopie cinematografiche che romanzi come The Drowned World hanno reso preistoria da più di mezzo secolo. Quello è stato già fatto, gente. Un po’ di fantasia!
Mi piace piace narrare storie pazzesche, renderle credibili pensando sempre a un pubblico internazionale, mettere il lettore in un tritacarne e farlo divertire così. Spero di riuscirci. That’s all, folks.
Nick: Sei sempre stato molto attento alla caratterizzazione dei personaggi e allo scenario. Quale dei due elementi -per te - conta di più ai fini della riuscita del romanzo?
Vincent: Domanda seria, di peso. Ai fini di un romanzo conta più l’idea di una città in guerra dove i fantasmi perseguitano di notte i sopravvissuti o prevalgono le scelte e le personalità delle donne e degli uomini che lottano contro queste entità maligne? È più interessante descrivere un mondo costituito da un fiume senza rive né fondo o coloro che vi navigano sopra? Alla fin fine ciò che risalta secondo me è sempre il personaggio. O corri a perdifiato dietro a Stefan Weiss nella notte di Sarajevo o lo lasci andare incontro al suo destino, qualunque sia. O decidi di navigare insieme al centauro Onnau in mezzo a nebbie o lo lasci affogare dentro al grande fiume. Se preferisci, contano il dramma, l’identificazione o la repulsione del lettore. Il romanzo d’idee non regge se non ha dietro dei grandi personaggi a supportare queste idee. Se non hai buoni personaggi, meglio lasciar perdere e metterti a dipingere.
Nick: Secondo le tue impressioni di addetto ai lavori Qual è lo stato di salute della narrativa di genere fantastico in Italia?
Vincent: Ne parlavo l’altro giorno col mio amico Daniele Barbieri che mi dice esserci molto fermento e tanti bravi autori. Non ho però una conoscenza tale da poter dare un giudizio informato. Noto che oggi ci si fa le ossa pubblicando e forse vent’anni di gavetta sono troppi ma zero sono troppo pochi. Forse gli editori dovrebbero fare il proprio mestiere e gli autori pure. Forse i traduttori dovrebbero essere pagati il giusto, gli autori denunciare le case editrici che li truffano e non restare in silenzio per paura di non avere più mercato, gli editor e i correttori di bozze essere portati sugli scudi e non marcire lavando i piatti.
Nick: Si parla sempre di una sorta di prevenzione da parte dei lettori verso gli scrittori italiani, in passato probabilmente sarà stato anche così, ma secondo te come attualmente come stanno le cose?
Vincent: Parliamo di vendite. Anni fa ci fu l’exploit di Evangelisti, poi la Ghinelli, ora Carrisi. Non mi pare che si portino dietro una valanga di nomi. Vendono sempre Camilleri e Saviano: ottimo, ma mi pare un po’ poco. Credo che di diverso oggi vi sia semplicemente internet che può aggregare più facilmente gli autori. Ma i lettori mi paiono ancora più intimiditi di prima.
Nick: Tra i tuoi colleghi scrittori italiani e stranieri quali sono quelli che segui con maggiore attenzione ed interesse?
Vincent: Fra gli stranieri, il mio vero e proprio mito rimane sempre Dan Simmons. Inarrivabile. Lo considero uno spirito affine e un maestro, fatte sempre le debite proporzioni. Poi Barker, King, Straub, Deaver, Lansdale, Harris, la Prantera, Mieville eccetera.
Per quel che riguarda gli italiani, i mostri sacri sono sempre Evangelisti, Arona, Nerozzi, Sclavi, Catani, Curtoni (purtroppo scomparso qualche anno fa), lo stesso Altieri. Una o più generazioni di grandissimi scrittori dal valore internazionale.
C’è sicuramente una nuova schiera di eroi che vuole uscire allo scoperto. Non mi sento in grado di dare giudizi assoluti perché ho ancora tanto da leggere, ma credo che compito dei critici sia guardare sempre a chi abbia qualcosa di nuovo e personale. Vuoi dei nomi? Okay. Nella fantascienza credo che Clelia Farris abbia davvero una marcia in più grazie al suo sguardo personalissimo che ricorda le scrittrici della sf sociologica come la Le Guin, la Tepper, la Van Scyoc eccetera. Nel fantastico senza alcun dubbio Maurizio Cometto che ogni buon fan di Ligotti dovrebbe leggere e adorare senza riserve: sorta di punto d’incontro fra realismo magico e fantastico colto italiano del dopoguerra, ma con un’impronta dark, gotica che lo rende un grande del presente. Mi piacciono molto i gialli orrorifici di Cristiana Astori per la loro freschezza che rinnova il genere e anche per il profumo della cinematografia degli anni 70 che gli americani c’invidiano: in qualche modo è lei l’erede del grande Danilo Arona. Nell’ horror trovo divertenti i vampiri zombie di Claudio Vergnani, coi suoi protagonisti sempre indecisi fra l’hard boiled e lo humour nero. E poi lasciami dire di una grande autrice come Lorenza Ghinelli, partita con un horror tesissimo come Il Divoratore e poi approdata a un mainstream maturo e drammatico.
Nick: Torniamo per un attimo alle influenze d'infanzia, se non erro sei un grande appassionato dei vecchi sceneggiati RAI, vero? Su Facebook ho visto che a Roma sei stato a Via Margutta e negli altri luoghi dove è stato ambientato il Segno del Comando....
Vincent: Ah, ah, ah! Quando abitavo a Roma facevo spesso dei veri tour dei luoghi del Segno del Comando. Quello sceneggiato dipingeva una Roma magica, molto vicina a come la vedo io e ben diversa dai film comici o sentimentali che impazzano e danno della città un’immagine provinciale e becera. Probabilmente grazie alla pessima, limitata visione che abbiamo del nostro mondo, stiamo riuscendo a imporre ai nostri figli un luogo sempre peggiore e più angusto. Possiamo dire che la fantasia forgia la realtà.
Nick: Recentemente sei stato tra gli autori che hanno aderito all' antologia ALIA EVO 2.0. Parlaci di come è nata questa tua collaborazione e svela qualcosa del tuo racconto ai lettori di Nocturnia.
Vincent: Il colpevole è Fabio Lastrucci, amico fin dalle esperienze con la Malatempora e autore raffinatissimo, dotato di un humour raro che stempera le atmosfere gotiche di molte sue opere (pensa ad esempio a “L’Estate Segreta di Babe Hardy”, romanzo estremamente originale). Con Fabio abbiamo fra l’altro scritto un racconto horror a quattro mani che trovate qui: http://www.terrediconfine.eu/lodore-dellombra/
Insomma, Fabio mi ha presentato alle due eminenze grigie di Alia, Silvia Treves e Massimo Citi, che hanno creato una rivista-capolavoro capace negli anni di lasciare il segno grazie anche a traduttori illuminati come Massimo Soumaré. Da quella rivista sono passati e passeranno probabilmente molti autori di punta del fantastico nazionale. Sul racconto scelto, “Navigatori delle Lunghe Distanze”, ho per te un bell’aneddoto. Doveva apparire su rivista moltissimi anni fa ma ne bloccai la pubblicazione dopo che su quelle pagine era apparso un articolo in cui si sosteneva che l’omosessualità fosse una malattia da curare. Il racconto è pura sf spaziale, ovviamente condita di sangue come potete aspettarvi da Spasaro. Sono molto orgoglioso anche del racconto uscito nella precedente edizione di Alia, “L’Arsenale dei Cuccioli”, già uscito nel 2009 sulla rivista Pollicino. Secondo me è uno dei miei racconti migliori e ho visto che in seguito l’idea è stata “ripresa” in un film canadese. Anche questo fa piacere.
Nick: Progetti futuri. di cosa ti stai occupando adesso e cosa dobbiamo aspettarci da Vincent Spasaro nel prossimo futuro?
Vincent: Vari progetti su cui preferisco non sbottonarmi fino alla completa realizzazione. L’unica precisazione che voglio fare è: aspettatevi sempre qualcosa di nuovo. Sono qui per spaventarvi e stupirvi.
Nick: Bene, è tutto, nel ringraziarti per la tua disponibilità e per la tua gentilezza ti chiedo se esiste una domanda alla quale avresti risposto volentieri e che io invece non ti ho rivolto?
Vincent Spasaro: Sei stato gentilissimo ed esaustivo, Nick. Grazie e complimenti per il tuo bellissimo blog!
Lunedì è arrivato ed una nuova settimana comincia. Per rendervi più gradevole il ritorno al lavoro vi propongo l'intervista con lo scrittore Vincent Spasaro.
Ringrazio Vincent per la sua gentilezza e per la sua disponibilità.
A tutti voi auguro una buona lettura, attendo i vostri commenti.
Nick: Benvenuto su Nocturnia, Vincent è un vero piacere averti ospite delle interviste di questo blog. Come prima domanda ti chiedo di raccontarci dei tuoi inizi e del momento in cui hai deciso di diventare uno scrittore.
Vincent Spasaro: Ciao, Nick, e grazie per questa tua bella intervista.
Da che ricordi mi è sempre piaciuto molto leggere. A un certo punto ho semplicemente creduto di aver qualcosa da dire. Quasi per scherzo ho inviato un romanzo al Premio Urania alla fine degli anni novanta e, avendo ottenuto un certo riscontro fra alcuni appassionati, non ho più smesso. Non mi sono mai identificato con il personaggio dello scrittore preferendo il gioco, la sperimentazione, il lavoro creativo. Provare e riprovare, affinare la tecnica.
Nick: Sei da tutti considerato come un autore weird o dark fantasy, e infatti le tue opere sono un misto di horror, fantasy e alle volte fantascienza. Cosa ti ha avvicinato al genere fantastico e cosa ami di questo tipo di letteratura?
Vincent: Principalmente fortuna. Le inclinazioni di mio padre, gran lettore, sono passate a me tramite l’esempio. Lui ha sempre preferito la fantascienza ma acquistava di tutto, dai contemporanei americani agli autori d’oltre cortina. In più a metà anni 70 trasmettevano in televisione sceneggiati italiani molto ben strutturati e con una chiara impostazione gotica. Più o meno in quel periodo la Rai è stata invasa da produzioni inglesi ancora più oscure. La stagione dei cartoni animati giapponesi mi ha solo sfiorato e l’ho sempre osservata da lontano con diffidenza. Gli sceneggiati italiani e inglesi erano molto complessi, spesso privi di quella tendenza al lieto fine e alla semplicità che poco dopo avrebbe messo radici in televisione grazie alle serie americane attraverso le reti private. Non sottovaluterei poi i fumetti. Leggevo tutte le pubblicazioni della Corno, compresi i racconti dell’ orrore, e quelle della Bonelli. Ricordo Tex fin da piccolissimo, Zagor, i primi Martin Mistère e poi Dylan Dog. E prima ancora Il Gruppo TNT, Nick Raider, Strurmtruppen eccetera.
Inutile negarlo: il fantastico è una specie di droga. Ti fa viaggiare, ti fa stare bene, vivere avventure in mondi sconosciuti, sfuggire a mostri o perire per gioco nel tentativo, esplorare ed esorcizzare le tue paure. Dopo un po’ resti pure in crisi d’astinenza. Il fantastico è una droga molto buona e io non posso farne a meno.
Nick: In particolare, quali sono stati gli scrittori e le opere che ti hanno maggiormente colpito e formato come lettore prima ancora che come scrittore?
Vincent: Troppe per citarle tutte. Da piccolissimo adoravo Verne, London e Poe. Poi la Bronte, Tolkien che scoprii a quattordici anni, Lovecraft di cui ricordo ancora il primo racconto letto (“La Ricorrenza”), gli italiani del dopoguerra che narravano la resistenza, i grandi scrittori russi, Marquez, Vance, Bradbury, Dick, molte scrittrici di sf degli anni 70, Eco, Calvino, Bachman che fu il primo King che lessi. Se devo tirare fuori un nome su tutti, James G. Ballard.
Nick: Come autore prima di giungere alla pubblicazione hai seguito un lungo percorso artistico e formativo, vediamo se ricordo bene: sei stato finalista alla seconda ed ultima edizione del Premio Solaria e poi hai concorso spesso all'Urania piazzandoti in finale per ben tre volte. In seguito hai anche diretto la collana "weird" per le edizioni "Il Foglio" . Ti chiedo quindi nell'ordine: quanto è importante, secondo te la gavetta per uno scrittore e, in seconda battuta, se ti va di indicarci i momenti migliori ed i peggiori di tutto questo percorso artistico e cosa ti hanno insegnato questi momenti.
Vincent: Ho partecipato a tre finali consecutive del Premio Urania e a un Solaria fra la fine degli anni 90 e l’inizio dei 2000, sempre con romanzi diversi. Poi mi resi conto che quello che scrivevo, indipendentemente dalla qualità, era troppo complesso per rientrare in un genere e quindi essere adatto ai premi di fantascienza. Avevo un esempio in Valerio Evangelisti ma compresi che era stata un’eccezione e non si sarebbe ripetuta. Lasciai perdere.
In quel periodo Gordiano Lupi mi chiese di diventare direttore di collana per il fantastico e l’orrore delle Edizioni Il Foglio. Fu un’avventura che mi diede molte soddisfazioni perché lanciammo autori di grande qualità come l’indimenticabile Giovanni Buzi, Maurizio Cometto, Luca Barbieri il cui “Five Fingers”, ristampato recentemente da Odoya, è un capolavoro dell’horror made in Italy, Lorenza Ghinelli (scoperta da Gordiano, non da me!), Fabio Lastrucci eccetera. Ovviamente io, in quanto direttore di collana, non pubblicai più nulla per Il Foglio- chi avrebbe controllato il controllore?
Lupi è sempre stato un editore illuminato e ha dato opportunità a una quantità enorme di talenti. Mi ha sempre lasciato campo libero nelle scelte e più di una volta ho posto il veto alla pubblicazione di autori abbastanza famosi perché giudicavo le opere non all’altezza, creando dei problemi seri a Gordiano e facendomi più di un nemico. Ora mi rendo conto di come fossi fin troppo duro, eppure, se tornassi indietro, rifarei tutto alla stessa maniera. E Gordiano non ha mai battuto ciglio. Un grande senza se e senza ma.
Quel periodo mi ha dato tanto e mi ha permesso di crescere. Un’esperienza assolutamente amatoriale e underground ma dichiarata come tale e per questo vitale e fresca.
Se però devo dirti la verità, Nick, non credo che questa gavetta di vent’anni e passa sia servita per davvero. Alla fine ti sfianca soltanto. Come fai a resistere? Quanta gente valida si è ritirata per non aver trovato sbocchi? Se penso che pochi ancora conoscano gente come Clelia Farris o Maurizio Cometto, mi faccio qualche domanda. Se permetti, qualche domanda aperta vorrei farla anche ai blogger, ai giornalisti, ai recensori. Ragazzi, più spirito critico.
Nick: Mi sembra di aver letto alcune tue dichiarazioni in cui sostenevi che in questa fase alcune persone tra cui Marzio Biancolino, all' epoca redattore della Mondadori, ed il grande Sergio Altieri ti abbiano sempre spronato a non arrenderti ed è grazie a loro che tu hai continuato a scrivere. E vero questo particolare?
Vincent: Senza alcun dubbio. Non solo loro: anche persone come Daniele Barbieri o lo stesso Gordiano Lupi, e più avanti Sabina Guidotti e Danilo Arona. A Sergio Altieri devo moltissimo perché mi ha pubblicato quando avevo ormai perso le speranze. “Assedio” sarebbe potuto uscire nei primissimi anni duemila quando Gaiman, Ruff e Mieville si andavano ancora affermando in Italia: credo di poter tacciare l’editoria italiana di una certa miopia senza esagerare troppo.
Nick: L'anno della svolta è il 2011, quando il tuo romanzo "Assedio", viene pubblicato sul #1576 della collana "Segretissimo" della Mondadori. "Assedio"è uno dei frutti proprio di quel periodo di gavetta di cui parlavamo prima. Raccontaci come il romanzo arrivò alla pubblicazione e le sensazioni che provasti quando vedesti il tuo primo romanzo pubblicato.
Vincent: In realtà “Assedio” sarebbe dovuto essere pubblicato in Epix che però chiuse i battenti prima che avessi in mano il contratto. Altieri disse che avrebbe tenuto fede alla parola data e lo piazzò in Segretissimo. Stiamo parlando di una persona che non avevo mai visto in vita mia e con cui avevo scambiato solo un paio di mail. Non aveva alcun dovere nei miei confronti. Non so se mi spiego.
Chiaramente fui felicissimo. Senonché, appena pubblicato il romanzo, la Mondadori rimase stranamente in silenzio. Venni a scoprire più tardi che, nonostante Assedio avesse venduto molto bene, il nuovo direttore aveva deciso (legittimamente: una giusta scelta di conservazione) di dare un corso più canonico alla testata di spionaggio, per cui io non sarei stato della partita. Amen.
Nick: Leggendo "Assedio" mi sembra di riscontrare una unione tra tematiche Lovecraftiane (l'impreparazione a comprendere ed affrontare l'ignoto), impressioni ballardiane ( le mostruosità dell'animo umano) e per finire temi apocalittici con ispirazioni tratte da serie inglesi anni 70 (sarà una combinazione ma mi sono venute in mente il Doctor Who con Tom Baker, I Sopravvissuti di Terry Nation e Zaffiro ed Acciaio di P.J. Hammond)
Sono impressioni sbagliate le mie?
Vincent: Hai centrato in pieno le influenze confluite nel romanzo. Sono comunque umori che io stesso ho colto solo a posteriori. Gli sceneggiati inglesi, soprattutto, devono essersi sedimentati profondamente poiché non pensavo certo a Spazio 1999 mentre scrivevo! Eppure qualcosa di quelle atmosfere si percepisce. Aggiungo anche l’hard boiled più cupo e un certo amore per la sceneggiatura per il cinema. Il romanzo è molto veloce e denso, cinematografico.
Nick: Sempre in "Assedio" lo scenario dei fantasmi che imperversano in una città assediata è mutuato- nemmeno troppo velatamente ai giorni tragici del vero assedio di Sarajevo. Da cosa deriva l'interesse per questo evento storico?
Vincent: L’averlo vissuto. Voglio dire: le guerre, gli assedi, li abbiamo studiati a scuola. Ci capita di osservare al telegiornale luoghi esotici che stanno dall’altra parte del mondo: i bombardamenti sono simili a quelli dei film. Non c’è purtroppo alcuna vera immedesimazione. Sarajevo fu la prima guerra alle porte di casa nostra, una guerra che alla mia generazione è mancata nel bene e nel male. Vidi da vicino la viltà politica italiana, la pochezza della sinistra e il pelo sullo stomaco della destra. Le ideologie cadevano a pezzi di fronte alle atrocità, eppure a nessuno pareva importare nulla. Una situazione simile a quella dei migranti di oggi, se ci pensi. Tanti proclami ma i disperati continuano ad affogare a poca distanza dalle spiagge dove noi facciamo il bagno.
Nick: Con il tuo secondo romanzo, "Il Demone Sterminatore" uscito nel 2013 cambi decisamente registro, al punto che le due opere sembrano quasi scritte da due persone diverse. E' stata una scelta voluta?
Vincent: Sì. Ne “Il Demone Sterminatore”, ovvero”Fiume Senza Rive” che è il vero titolo, volevo creare un gioco di scatole cinesi in cui confluissero epica e lirica, e, se mi permetti, dimostrare che anche noi italiani possiamo scrivere fantasy a un certo livello. Se possibile “Il Demone” è ancora più orrorifico, spaventoso e cupo che “Assedio”, ma in una maniera differente, più letteraria. Sono molto orgoglioso di quel romanzo che continua a vendere e a mietere consensi inaspettati a distanza di anni nonostante il silenzio assordante della critica paludata. Il tempo alle volte è galantuomo.
Nick: Il Demone Sterminatore" parte da un presupposto molto interessante, quello di una creatura, un'entità che compie un deicidio. Come ti è venuta l'ispirazione per questo romanzo?
Vincent: Bella domanda. Probabilmente più di ogni altra cosa ha influito il mio essere meridionale, aver vissuto la nostra religiosità cupa e sanguinaria che contrasta fortemente col sole delle piazze; l’ombra buia e gelida delle cripte, i contrasti a volte cruenti delle nostre regioni dove boschi aggrovigliati e monti impervi rendono possibile rapimenti e feste primordiali. Nel romanzo cercavo di sperimentare un connubio inedito fra fantasy, fantascienza e orrore cosmico. Spero di essere stato originale e soprattutto di aver dipinto luoghi credibili e personaggi di spessore, cosa abbastanza difficile nel fantasy.
Nick: Al centro dell'opera sembra essere molto forte anche il tema del viaggio, della caccia e della trasformazione. Possiamo definire "Il Demone Sterminatore" come un romanzo di "formazione" in chiave dark ed apocalittica?
Vincent: Se di romanzo di formazione si tratta, sta’ sicuro che una simile formazione in alcune nazioni odierne garantirebbe la condanna a morte al suo autore. È un romanzo di dubbi ancestrali, di paure, come smuovere cose morte in luoghi proibiti. Penso che riesca a scuotere il lettore a livelli profondi, al di là del semplice intrattenimento. Secondo me quando lo finisci non ti senti benissimo. Magari devi andare a prepararti una camomilla. E allora ho vinto io.
Nick: Dicevamo prima che sei considerato uno scrittore "Weird" o di "Dark Fantasy”. Ti ritrovi in questa descrizione o la ritieni riduttiva ? E nel caso come definiresti le tue opere?
Vincent: Mah. Non sono un critico. Spetta a loro tirare fuori definizioni.
Probabilmente sono uno scrittore horror. Solo che il pubblico spesso per horror intende un romanzo dove c’è un tizio che ammazza tutti o un sacco di zombie affamati, così come identifica la sf con distopie cinematografiche che romanzi come The Drowned World hanno reso preistoria da più di mezzo secolo. Quello è stato già fatto, gente. Un po’ di fantasia!
Mi piace piace narrare storie pazzesche, renderle credibili pensando sempre a un pubblico internazionale, mettere il lettore in un tritacarne e farlo divertire così. Spero di riuscirci. That’s all, folks.
Nick: Sei sempre stato molto attento alla caratterizzazione dei personaggi e allo scenario. Quale dei due elementi -per te - conta di più ai fini della riuscita del romanzo?
Vincent: Domanda seria, di peso. Ai fini di un romanzo conta più l’idea di una città in guerra dove i fantasmi perseguitano di notte i sopravvissuti o prevalgono le scelte e le personalità delle donne e degli uomini che lottano contro queste entità maligne? È più interessante descrivere un mondo costituito da un fiume senza rive né fondo o coloro che vi navigano sopra? Alla fin fine ciò che risalta secondo me è sempre il personaggio. O corri a perdifiato dietro a Stefan Weiss nella notte di Sarajevo o lo lasci andare incontro al suo destino, qualunque sia. O decidi di navigare insieme al centauro Onnau in mezzo a nebbie o lo lasci affogare dentro al grande fiume. Se preferisci, contano il dramma, l’identificazione o la repulsione del lettore. Il romanzo d’idee non regge se non ha dietro dei grandi personaggi a supportare queste idee. Se non hai buoni personaggi, meglio lasciar perdere e metterti a dipingere.
Nick: Secondo le tue impressioni di addetto ai lavori Qual è lo stato di salute della narrativa di genere fantastico in Italia?
Vincent: Ne parlavo l’altro giorno col mio amico Daniele Barbieri che mi dice esserci molto fermento e tanti bravi autori. Non ho però una conoscenza tale da poter dare un giudizio informato. Noto che oggi ci si fa le ossa pubblicando e forse vent’anni di gavetta sono troppi ma zero sono troppo pochi. Forse gli editori dovrebbero fare il proprio mestiere e gli autori pure. Forse i traduttori dovrebbero essere pagati il giusto, gli autori denunciare le case editrici che li truffano e non restare in silenzio per paura di non avere più mercato, gli editor e i correttori di bozze essere portati sugli scudi e non marcire lavando i piatti.
Nick: Si parla sempre di una sorta di prevenzione da parte dei lettori verso gli scrittori italiani, in passato probabilmente sarà stato anche così, ma secondo te come attualmente come stanno le cose?
Vincent: Parliamo di vendite. Anni fa ci fu l’exploit di Evangelisti, poi la Ghinelli, ora Carrisi. Non mi pare che si portino dietro una valanga di nomi. Vendono sempre Camilleri e Saviano: ottimo, ma mi pare un po’ poco. Credo che di diverso oggi vi sia semplicemente internet che può aggregare più facilmente gli autori. Ma i lettori mi paiono ancora più intimiditi di prima.
Nick: Tra i tuoi colleghi scrittori italiani e stranieri quali sono quelli che segui con maggiore attenzione ed interesse?
Vincent: Fra gli stranieri, il mio vero e proprio mito rimane sempre Dan Simmons. Inarrivabile. Lo considero uno spirito affine e un maestro, fatte sempre le debite proporzioni. Poi Barker, King, Straub, Deaver, Lansdale, Harris, la Prantera, Mieville eccetera.
Per quel che riguarda gli italiani, i mostri sacri sono sempre Evangelisti, Arona, Nerozzi, Sclavi, Catani, Curtoni (purtroppo scomparso qualche anno fa), lo stesso Altieri. Una o più generazioni di grandissimi scrittori dal valore internazionale.
C’è sicuramente una nuova schiera di eroi che vuole uscire allo scoperto. Non mi sento in grado di dare giudizi assoluti perché ho ancora tanto da leggere, ma credo che compito dei critici sia guardare sempre a chi abbia qualcosa di nuovo e personale. Vuoi dei nomi? Okay. Nella fantascienza credo che Clelia Farris abbia davvero una marcia in più grazie al suo sguardo personalissimo che ricorda le scrittrici della sf sociologica come la Le Guin, la Tepper, la Van Scyoc eccetera. Nel fantastico senza alcun dubbio Maurizio Cometto che ogni buon fan di Ligotti dovrebbe leggere e adorare senza riserve: sorta di punto d’incontro fra realismo magico e fantastico colto italiano del dopoguerra, ma con un’impronta dark, gotica che lo rende un grande del presente. Mi piacciono molto i gialli orrorifici di Cristiana Astori per la loro freschezza che rinnova il genere e anche per il profumo della cinematografia degli anni 70 che gli americani c’invidiano: in qualche modo è lei l’erede del grande Danilo Arona. Nell’ horror trovo divertenti i vampiri zombie di Claudio Vergnani, coi suoi protagonisti sempre indecisi fra l’hard boiled e lo humour nero. E poi lasciami dire di una grande autrice come Lorenza Ghinelli, partita con un horror tesissimo come Il Divoratore e poi approdata a un mainstream maturo e drammatico.
Nick: Torniamo per un attimo alle influenze d'infanzia, se non erro sei un grande appassionato dei vecchi sceneggiati RAI, vero? Su Facebook ho visto che a Roma sei stato a Via Margutta e negli altri luoghi dove è stato ambientato il Segno del Comando....
Vincent: Ah, ah, ah! Quando abitavo a Roma facevo spesso dei veri tour dei luoghi del Segno del Comando. Quello sceneggiato dipingeva una Roma magica, molto vicina a come la vedo io e ben diversa dai film comici o sentimentali che impazzano e danno della città un’immagine provinciale e becera. Probabilmente grazie alla pessima, limitata visione che abbiamo del nostro mondo, stiamo riuscendo a imporre ai nostri figli un luogo sempre peggiore e più angusto. Possiamo dire che la fantasia forgia la realtà.
Nick: Recentemente sei stato tra gli autori che hanno aderito all' antologia ALIA EVO 2.0. Parlaci di come è nata questa tua collaborazione e svela qualcosa del tuo racconto ai lettori di Nocturnia.
Vincent: Il colpevole è Fabio Lastrucci, amico fin dalle esperienze con la Malatempora e autore raffinatissimo, dotato di un humour raro che stempera le atmosfere gotiche di molte sue opere (pensa ad esempio a “L’Estate Segreta di Babe Hardy”, romanzo estremamente originale). Con Fabio abbiamo fra l’altro scritto un racconto horror a quattro mani che trovate qui: http://www.terrediconfine.eu/lodore-dellombra/
Insomma, Fabio mi ha presentato alle due eminenze grigie di Alia, Silvia Treves e Massimo Citi, che hanno creato una rivista-capolavoro capace negli anni di lasciare il segno grazie anche a traduttori illuminati come Massimo Soumaré. Da quella rivista sono passati e passeranno probabilmente molti autori di punta del fantastico nazionale. Sul racconto scelto, “Navigatori delle Lunghe Distanze”, ho per te un bell’aneddoto. Doveva apparire su rivista moltissimi anni fa ma ne bloccai la pubblicazione dopo che su quelle pagine era apparso un articolo in cui si sosteneva che l’omosessualità fosse una malattia da curare. Il racconto è pura sf spaziale, ovviamente condita di sangue come potete aspettarvi da Spasaro. Sono molto orgoglioso anche del racconto uscito nella precedente edizione di Alia, “L’Arsenale dei Cuccioli”, già uscito nel 2009 sulla rivista Pollicino. Secondo me è uno dei miei racconti migliori e ho visto che in seguito l’idea è stata “ripresa” in un film canadese. Anche questo fa piacere.
Nick: Progetti futuri. di cosa ti stai occupando adesso e cosa dobbiamo aspettarci da Vincent Spasaro nel prossimo futuro?
Vincent: Vari progetti su cui preferisco non sbottonarmi fino alla completa realizzazione. L’unica precisazione che voglio fare è: aspettatevi sempre qualcosa di nuovo. Sono qui per spaventarvi e stupirvi.
Nick: Bene, è tutto, nel ringraziarti per la tua disponibilità e per la tua gentilezza ti chiedo se esiste una domanda alla quale avresti risposto volentieri e che io invece non ti ho rivolto?
Vincent Spasaro: Sei stato gentilissimo ed esaustivo, Nick. Grazie e complimenti per il tuo bellissimo blog!